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Alimentazione del cane cardiopatico

L’alimentazione del cane cardiopatico richiede un approccio nutrizionale mirato e consapevole. Non si tratta solo di ridurre il sodio, ma di garantire un equilibrio delicato tra proteine di qualità, integrazione di aminoacidi specifici e controllo dei nutrienti. Come spiega la dottoressa Francesca Giulianelli di Ca’ Zampa, ogni fase della malattia cardiaca necessita di accorgimenti diversi, dal monitoraggio della taurina alla scelta degli omega 3, per supportare la funzionalità cardiaca e rallentare il declino

di CA' ZAMPA
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Tra le malattie più comuni che colpiscono i cani rientrano le patologie cardiovascolari e l’insufficienza cardiaca congestizia. Gli studi parlano di circa l’11% della popolazione canina. 

Alcune di queste patologie sembrano presentare una predisposizione di razza: i cani di piccola e media taglia (ad esempio cavalier King Charles spanielcocker spanielfox terrierpinscher nanoboston terrierpechinese) sviluppano per lo più patologie valvolari, mentre quelli di razza grande (come dobermanngolden retrieverlabradorSan Bernardo) soffrono più comunemente di miocardiopatia dilatativa (DCM)

Sintomi e conseguenze dell’insufficienza cardiaca nel cane 

Esistono diversi sistemi di classificazione dell’insufficienza cardiaca congestizia, che considera i cani dallo stadio più lieve (asintomatici) a quello più grave (che presentano sintomi clinici a riposo o sotto lieve sforzo, quindi intolleranza al movimento, tosse, tachipnea e/o leggera dispnea e infine dispnea grave, ascite (presenza di liquido in addome), respiro a bocca aperta e fame d’aria. 

Nei primi stadi dell’insufficienza cardiaca si attivano dei meccanismi di compensazione, che consentono il mantenimento di una corretta gittata cardiaca, dell’ossigenazione dei tessuti e della distribuzione di sostanze nutritive all’organismo. Tuttavia, l’attivazione costante di questi sistemi di compensazione porta nel tempo a ritenzione idrica e di sodio ed all’aumento della pressione venosa. 

Avviene uno scompenso cardiaco cronico che induce, a sua volta, una risposta infiammatoria costante, con ulteriore alterazione del muscolo cardiaco, riduzione della funzionalità del sistema immunitario e possibile comparsa di cachessia cardiogena (ovvero una malnutrizione protido-calorica che porta a ipotrofia muscolare diffusa). 

Quest’ultima è caratterizzata, non solo da un’evidente diminuzione del peso corporeo, ma soprattutto da una perdita progressiva della massa magra del cane. Ciò porta col tempo allo sviluppo di sarcopenia (declino progressivo della forza muscolare). 

Inoltre, la continua produzione di citochine infiammatorie (proteine secrete dalle cellule del sistema immunitario che modulano la risposta infiammatoria), porta l’animale verso l’anoressia. 

Tutto questo per spiegare come mai il cane cardiopatico “non mangia” e perde peso. 

L’alimentazione per il cane con insufficienza cardiaca 

Le diete per i cani affetti da cardiomiopatia si devono basare più sui segni clinici e sullo stadio dell’insufficienza cardiaca, piuttosto che sulla patologia specifica sottostante. 

Gli studi più recenti, diversamente dal passato, consigliano di evitare un’eccessiva restrizione di sodio in animali asintomatici, mentre viene consigliata una lieve restrizione di sodio, limitandone l’assunzione entro i 100 mg/100 kcal, arrivando eventualmente agli 80 mg/100 kcal con il peggioramento dello stadio della malattia, fino ad una quantità uguale o minore a 50 mg/100 kcal negli stadi più severi. 

Fondamentale è educare il proprietario ad evitare di porgere avanzi della tavola e “premietti”, che nella maggior parte dei casi risultano troppo ricchi di sodio per i cani. 

Imperativo ricordare, dato che spesso la quantità di farmaci che i cani assumono è elevata, che bisognerebbe evitare di favorirne l’ingestione utilizzando escamotage come salumi, formaggi o snack ad uso umano, ma preferire, eventualmente, carne cotta in casa senza sale, oppure alimenti iposodici adatti ai pet. 

Un errore da evitare è quello di effettuare una restrizione proteica. Quest’ultima può risultare molto dannosa, peggiorando la perdita di massa corporea magra già in atto e facilitando lo sviluppo di malnutrizione e di cachessia.  

Ricordo che le proteine rendono maggiormente appetibile la dieta, per cui è obbligatorio inserirne una buona percentuale (>25% sulla sostanza secca). 

Sono da prediligere, ovviamente, proteine ad alto valore biologico ed elevata digeribilità (carni, pesci, latticini, uova). 

Alcuni amminoacidi devono essere ampiamente presenti nelle diete: la L-carnitina svolge un ruolo fondamentale nella funzionalità del miocardio, in quanto contribuisce al trasporto degli acidi grassi. 

Sembra altresì che in corso di miocardiopatia dilatativa possa svilupparsi una carenza secondaria di carnitina (carenza dimostrata in uno studio nei cani di razza boxer)

Per queste ragioni dovrebbe essere presa in considerazione l’eventualità di integrarla con questo tipo di dieta. 

Cardiomiopatia dilatativa: che dieta impostare 

Nel cane la causa alla base dello sviluppo di una miocardiopatia dilatativa non è del tutto nota, ma si pensa che sia collegata ad una predisposizione genetica.  

I cani maggiormente colpiti da questa patologia appartengono a razze grandi (dobermannalaniboxer e terranova). È meno comune nei cani di piccola e media taglia, tranne i cocker spaniel, considerati tra le razze ad elevato rischio.  

Tuttavia, in America, alcuni cardiologi hanno recentemente segnalato alla FDA (Food and Drug Administration) un aumento dei casi di MCD nei cani, sia appartenenti alle razze sopracitate sia ad altre razze generalmente non considerate tra quelle geneticamente predisposte (come Golden e Labrador Retrievers, meticci, Shih Tzu, Bulldog e Miniature Schnauzer). 

Protagonista di una possibile correlazione MCD-alimetazione è la taurina: tra le ipotesi di ciò rientrano una sua ridotta sintesi, derivante da un deficit alimentare assoluto dei precursori metionina e cisteina, una riduzione della sua biodisponibilità nella dieta, una riduzione del “riciclaggio” enteroepatico degli acidi biliari a causa dell’elevato contenuto di fibre dell’alimento assunto, nonché un possibile aumento della sua perdita urinaria. 

Non esiste una dieta “specifica” per cani che soffrono di cardiomiopatia dilatativa : il veterinario dovrà controllare che il cane malato stia assumendo una dieta bilanciata e completa del corretto apporto proteico.Essendo, come già descritto, una patologia che spesso affligge cani di razza grande e gigante, la dieta dovrà essere bilanciata per un adeguato sviluppo (nel caso di cuccioli) o mantenimento (nel caso di adulti) di ossa ed articolazioni. 

Meglio evitare diete “grain free”, per il motivo già citato. 

Meglio evitare un alto apporto di fibre, sia perché diminuirebbero la digeribilità della dieta, sia perché, come accennato, diminuirebbe il ri-circolo enteropatico della taurina. 

Noi veterinari dovremmo sempre assicurare al nostro paziente affetto da MCD un adeguato monitoraggio e follow up, sia clinico che strumentale. 

Gli alimenti “grain free” e gli acidi grassi omega 3 

Ultimamente si parla molto di DCM correlata a certi tipi di alimentazione “restrittiva” nel cane (“low-carb”, “carb-free”, “low-grain”, “grain-free”…): in queste diete, contenenti legumi (lenticchie e piselli) come fonti di carboidrati si riscontra un deficit di taurina, co-fattore nell’instaurarsi e nel progredire della patologia cardiaca. 

Due altri nutrienti che vanno tenuti sotto controllo quando si parla di una dieta per cani cardiaci sono il magnesio e il potassio, soprattutto in animali sotto terapia diuretica. È fondamentale quindi tenerne monitorati i livelli plasmatici e regolarne l’apporto con la dieta. 

In medicina umana esistono numerosi studi a sostegno degli effetti benefici degli acidi grassi omega 3 per la prevenzione e il rallentamento delle patologie cardiache. In medicina veterinaria questi studi sono ancora limitati, ma si conoscono i loro effetti antinfiammatori, antiaritmici, il loro ruolo nel migliorare e preservare il funzionamento delle cellule del miocardio ed i loro effetti positivi sulla pressione sanguigna. 

In alcuni studi sembra inoltre che l’integrazione con olio di pesce possa ridurre il rischio di cachessia e, in alcuni casi, di anoressia, in quanto migliora l’assunzione di cibo.  

Bisogna però, come al solito, stare attenti alle dosi, soprattutto se si opta per una dieta casalinga (scelta “furba” nel caso di malattia cronica in generale, perché spesso maggiormente appetibile, soprattutto se si parla di cani di piccola taglia): non sempre il gusto del pesce risulta gradito. 

Troviamo innumerevoli integratori commerciali e “naturali” per cani: meglio evitare il classico olio di fegato di pesce, per rischio ipervitaminosi A. 

Scelta economica salutare per il portafoglio dei proprietari può essere quella degli olii naturali (di lino, di salmone…), di cui spesso sono sufficienti dosi minime. 

Ad oggi le uniche indicazioni presenti riguardanti i dosaggi di omega 3 da utilizzare consigliano la somministrazione di 40 mg di EPA e 25 mg di DHA per ogni chilo di peso corporeo dell’animale. 

Come gestire un cane cardiopatico? 

Per quanto riguarda il movimento, normalmente si consiglia una moderata e costante attività fisica: senza accelerate, salti e corse, ma passeggiate brevi e frequenti; un animale che non si muove mai, che conduce uno stile di vita troppo sedentario, finirà per andare incontro a uno scompenso anche solo alzandosi per salutarvi o per saltare sul divano! 

Saranno da rispettare i controlli dal proprio veterinario: se viene consigliata una cadenza semestrale, non dovrà essere saltata solo perchè “lo vediamo bene”. Alcuni sintomi subdoli per il proprietario sono pane quotidiano per noi veterinari. 

Dottoressa Francesca Giulianelli, veterinaria di Ca’ Zampa 

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