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Super vermi mangia polistirolo: un aiuto contro la plastica

È possibile grazie ad alcuni batteri particolari che consentono a queste larve di digerire stirene e polistirene. L’obiettivo è riprodurre in laboratorio enzimi con queste capacità.

di Alessio Pagani

Non sono bellissimi da vedere, ma potrebbero rappresentare la svolta ai problemi dello smaltimento della plastica. Stiamo parlando dello Zophobas morio, un verme particolare, alleato dell’ambiente e dell’uomo perché ha una peculiarità: riesce a decomporre e ingerire il polistirolo. Secondo una ricerca realizzata dai ricercatori della School of Chemistry and Molecular Biosciences dell’Università di Queensland, in Australia, queste larve di Zophobas morio possono nutrirsi, infatti, di diversi alimenti – come frumento e cereali – ma anche di polistirolo. E, in base ai risultati pubblicati sulla rivista scientifica Microbial Genomics, le larve non solo sono sopravvissute all’insolita dieta, ma sono cresciute bene e regolarmente, tanto da aver ottenuto le energie necessarie per trasformarsi in coleotteri.

La loro sorprendente capacita è infatti quella di digerire il polistirene: questo strano accadimento è diventato il punto di partenza per uno studio che mira ad “imparare” le capacità di questo verme, per poi poterle sfruttare nello smaltimento della plastica. Il segreto di questo super potere sta infatti negli enzimi presenti in questi vermi, che sono in grado di «degradare il polistirene e lo stirene», rendendoli di fatto digeribili. Lo scienziato a capo della ricerca, Chris Rinke, ha spiegato, infatti, che questi vermi sono «piccoli impianti di riciclo, che sminuzzano il polistirene con le loro bocche e poi lo danno in pasto ai batteri nelle loro pance». Arrivando a smaltirlo senza lasciare tracce.

Una svolta, secondo le stime degli esperti: se il polistirolo si degrada da solo in oltre 100 anni, con l’aiuto dello Zophobas morio lo stesso processo potrebbe avvenire in una manciata di giorni. L’obiettivo, adesso, è riuscire a progettare in laboratorio enzimi che abbiamo queste capacità, in modo da poterli utilizzare per smaltire i rifiuti di plastica presenti negli impianti di riciclo attraverso la triturazione meccanica seguita poi dal processo di biodegradazione enzimatica.

(Foto: The University of Queensland)

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