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Siccità e carestia: la Namibia abbatterà più di 700 grandi animali selvatici   

In questo periodo dell’anno molti stati africani sono stati colpiti da una delle più gravi ondate di caldo degli ultimi anni, che ha devastato le coltivazioni e compromesso le riserve naturali. La Namibia in particolar modo, ha visto ridurre drasticamente le sue riserve alimentari e, il 26 agosto, il governo locale ha deciso di combattere la siccità con l’abbattimento di oltre 700 animali selvatici, tra cui gli elefanti, per fornire cibo alla popolazione

di Pietro Santini
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La crisi ambientale degli ultimi tempi ha colpito duramente le vaste aree dell’Africa meridionale, arrecando gravi danni alle coltivazioni e alle riserve alimentari, portando denutrizione e difficoltà a reperire cibo. Il governo della Namibia ha deciso di uccidere e mandare al macello 700 specie di grandi animali così da combattere la fame del suo popolo e diminuire allo stesso tempo il numero di fauna locale alla ricerca di cibo e acqua.

Il cambiamento climatico non è più una novità: è diventato parte integrante delle nostre vite, rendendo sempre più difficile convivere con le improvvise variazioni di temperatura, che possono raggiungere i 40° anche in aree tradizionalmente miti. Ci si potrebbe aspettare che regioni come l’Africa siano meglio adattate a queste condizioni climatiche, ma il vero problema non è solo il caldo. È la gravissima siccità, una delle peggiori degli ultimi tempi, che ha devastato interi Stati, colpendo uomini e animali e costringendo la Namibia a dichiarare lo stato di emergenza.
Le popolazioni colpite non riescono a procurarsi cibo a sufficienza, con conseguenze gravi sul piano alimentare che hanno portato alla morte un alto numero di bambini al di sotto dei cinque anni a causa della denutrizione.
Secondo quanto affermato il 23 agosto dal portavoce delle Nazioni Unite, Stéphane Dujarric, circa l’84% delle risorse alimentari è andato perduto con il 53% della produzione cerealicola distrutta e il 70% delle risorse idriche prosciugate, mettendo a dura prova tutto quanto il territorio e gli abitanti stessi.

Questa situazione, in continuo peggioramento, rischia di aggravare le già instabili condizioni della coesistenza fra uomini e animali selvatici che, sempre più disperati e affamati, si muovono verso i villaggi abitati distruggendo piantagioni ed edifici alla ricerca di cibo, in quella che è diventata una lotta alla sopravvivenza dove vince il più forte.

Stiamo infatti parlando di un paese che ha visto un’ingente crescita di pachidermi dagli anni 80 ad oggi e, parallelamente, un aumento della popolazione che ha reso i problemi di convivenza sempre più seri.
Ma non è la prima volta che la Namibia si vede costretta a trovare delle soluzioni, anche drastiche, per ridurre il numero di elefanti: nel 2021 infatti, il governo mise all’asta 170 elefanti, di cui solo una parte venne realmente venduta. Tuttavia, la situazione attuale è ancora più grave. Attualmente, si stimano circa 200.000 elefanti che vivono in una riserva naturale molto ampia compresa fra Zimbabwe, Zambia, Botswana, Angola e Namibia. Davanti a questi dati è chiaro che la decisione del governo sfocerebbe in uno degli abbattimenti di pachidermi più massicci mai registrati a livello mondiale.

Per far fronte all’emergenza, il 29 agosto il governo namibiano ha approvato il “Namibia Livelihood Vulnerability Assessment and Analysis (VAA) Report” con il quale è stato deciso di abbattere 723 specie di grandi animali selvatici, comprendenti: 300 zebre, 100 gnu, 150 antilopi, 60 bufali, 30 ippopotami e 83 elefanti per ottenere carne da distribuire alla popolazione insieme a cereali, farina, mais e altri ingredienti di prima necessità. Soltanto negli ultimi giorni sono stati uccisi 157 animali selezionati, provenienti da parchi naturali e zone in cui il conflitto uomo-animale selvatico è ancora molto acceso, attraverso una caccia controllata, affidata esclusivamente a cacciatori certificati, così da bilanciare la pressione alimentare, per un totale di 56.000 kg di carne destinati al consumo alimentare.
Secondo il Ministero dell’Ambiente namibiano, questa misura, sebbene drammatica, trova un solido fondamento nella Costituzione dove è stabilita l’importanza di utilizzare le risorse naturali, comprese quelle provenienti dalla fauna selvatica, per garantire il benessere della popolazione, specialmente in periodi di crisi come questo. In tempi di emergenza, il governo è chiamato a prendere decisioni difficili per soddisfare i bisogni alimentari immediati. Nonostante ciò, il sacrificio di centinaia di animali selvatici pone seri interrogativi sul futuro della biodiversità, che rischia di essere compromessa in modo irreparabile. 

Questa decisione, pur necessaria per aiutare la popolazione a fronteggiare la crisi ambientale e umanitaria, infligge un colpo senza precedenti alla fauna locale, rischiando di destabilizzare ecosistemi già fragili. La situazione in cui versa la Namibia mette in luce ancor di più l’urgenza di ridurre l’inquinamento e combattere il cambiamento climatico, per prevenire future catastrofi ambientali. È essenziale agire con politiche globali mirate alla riduzione delle emissioni e con l’impegno attivo dei cittadini, per il bene dell’uomo e di tutti gli altri esseri viventi che abitano questo pianeta, che abbiamo la pretesa di definire “nostro”.

Foto: IPA

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