I pesci sono pigri, proprio come noi! Lo conferma una ricerca italiana
Siamo abituati a vedere la pigrizia come una caratteristica umana, ma un recente studio dell’Università di Ferrara ha portato alla luce un lato sorprendente del mondo animale: anche alcune specie acquatiche preferiscono evitare la fatica quando possibile. Questa ricerca permette di aprire nuovi orizzonti sulla comprensione dei comportamenti degli animali e sul loro benessere
di Pietro SantiniLa pigrizia è la tendenza a evitare lo sforzo e l’impegno, preferendo l’inattività e il riposo. Si tratta di un fenomeno che fa parte della natura umana fin da tempi immemori, al punto che Dante ha persino dedicato un canto del Purgatorio, il quarto, a coloro che avevano tardato a pentirsi perché troppo pigri, e li ha condannati a percorrere un’aspra salita per espiare i propri peccati.
Eppure questa tendenza, per quanto possa sembrarci innata e familiare, non appartiene esclusivamente agli esseri umani. O almeno è quanto sostiene un recente studio condotto dal Dipartimento di Scienze della Vita e Biotecnologie dell’Università di Ferrara, pubblicato sulla rivista Applied Animal Behaviour Science. Secondo questa ricerca tutta italiana infatti, i pesci sarebbero pigri… tanto quanto gli esseri umani!
Il team guidato dal Professor Tyrone Lucon-Xiccato ha svolto dei test cognitivi su alcuni esemplari di zebrafish, dei piccoli pesci d’acqua dolce, notando che questi, quando possono, tendono ad evitare di faticare, preferendo la via più breve per ottenere il risultato che vogliono.
Se da un lato non ci è voluto molto perché imparassero a spostare i piccoli dischi di plastica che chiudevano il distributore di cibo, dall’altro persino i sei pesci più abili ed esperti, posti di fronte a una scelta tra cibo facile e cibo nascosto, hanno preferito la prima soluzione.
Scelta che per noi potrà sembrare logica, ma che in realtà, come spiega il Professor Lucon-Xiccato, non è così usuale in natura, specie per gli animali cresciuti in cattività: “In natura, non esistono ciotole di cibo o acqua pronte all’uso: per nutrirsi, così come per svolgere molte altre attività, gli animali devono affrontare una serie di sfide cognitive, come orientarsi nel territorio o catturare e manipolare le prede. L’evoluzione ha quindi modellato la mente animale per risolvere questi compiti. L’allevamento in cattività rappresenta spesso una situazione innaturale in cui la mente, non adeguatamente stimolata, può causare sofferenza nell’animale. Le prove di ciò sono numerose: scimpanzé, macachi, maiali, cani, ratti, giraffe, polli e piccioni, quando hanno la scelta tra cibo servito in una ciotola o cibo che richiede la risoluzione di un piccolo compito cognitivo, preferiscono quest’ultimo. È per questo motivo che recentemente si propone di usare gli arricchimenti cognitivi per migliorare il benessere degli animali in cattività.”
Partendo da queste conclusioni, ciò che è emerso da un secondo test eseguito su due gruppi diversi di pesci zebra, risulta ancor più clamoroso. I ricercatori ferraresi hanno permesso a un gruppo di pesci zebra di accedere liberamente al cibo, mentre un altro gruppo poteva mangiare solo dopo aver risolto un puzzle.
L’analisi, basata su precisi indicatori comportamentali, ha dimostrato che i pesci sottoposti al rompicapo mostravano livelli di stress inferiori rispetto a quelli privi di stimoli cognitivi, come racconta la Dottoressa Chiara Varracchio: “Dopo 14 giorni, i pesci sottoposti al compito cognitivo hanno mostrato livelli di stress inferiori rispetto al gruppo di controllo, esibendo comportamenti più naturali e rilassati durante le nostre osservazioni. Questo ci porta a concludere che gli arricchimenti cognitivi migliorano il benessere dei pesci in cattività”.
In altre parole, i pesci zebra sono assai pigri: lo sforzo per scovare il cibo nascosto, infatti, non causa loro alcuno stress – e ciò dimostra che sono intelligenti e che gli stimoli sono importanti per il loro cervello – ma, se possono, preferiscono non farlo.
Questi sono risultati tutt’altro che scontati, come sottolinea Cristiano Bertolucci, docente di Zoologia all’Università di Ferrara e responsabile della ricerca, che gettano luce sul benessere animale e ci permettono di comprendere meglio alcuni comportamenti di specie poco conosciute, ma in fondo non così lontane dalla nostra.
La ricerca dell’Università di Ferrara ha rivelato anche un altro aspetto piuttosto curioso: esiste un altro animale ancora più pigro dei pesci zebra e dell’uomo.
Chiunque abbia un gatto, però, non ne sarà affatto sorpreso!
Foto: IPA
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