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Perché la Giornata Mondiale delle Api cade proprio il 20 maggio?

Di questi insetti, indispensabili per l’impollinazione del 70% delle piante da frutto, si è scritto molto. In occasione della loro “festa”, vi raccontiamo alcune curiosità che forse però non conoscete. A cominciare da un certo Anton, nato in una famiglia povera in Slovenia proprio il 20 maggio di 290 anni fa, che delle api era innamorato e che è stato l’inventore dell’apicoltura moderna. E dopo di lui, anche Garibaldi disse la sua…

di Redazione
Apertura

Si celebra oggi, 20 maggio, la Giornata Mondiale delle Api, gli insetti impollinatori per eccellenza che con il loro incessante e certosino lavoro garantiscono ogni primavera il ciclo riproduttivo delle piante, trasportando in volo il polline che succhiano dai fiori. 
Quest’anno, l’Organizzazione Mondiale delle Nazioni Unite ha scelto un claim che, con un gioco di parole, si rivolge in particolare ai più giovani: “Bee engaged with Youth” (bee significa ape), perché dovranno essere loro i custodi responsabili dell’ambiente.


Albert Einstein, lo scienziato Premio Nobel per la Fisica, disse che “se l’ape scomparisse dalla faccia della terra, all’uomo non resterebbero che quattro anni di vita”. Il suo pronostico appare certo una provocazione, ma è saggio e da tenere in considerazione: un mondo senza api sarebbe un mondo senza impollinazione e di conseguenza privo di piante e ancora, a cascata, senza animali che delle piante e dei loro frutti si nutrono. L’opera delle api, sempre più minacciate dai cambiamenti climatici e dai pesticidi, è dunque fondamentale e insostituibile. Se l’uomo dovesse fare la loro parte, non ci riuscirebbe, nemmeno in questi tempi di intelligenza artificiale. 

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Quest’anno l’appello dell’Onu e della Fao è per i giovani: sta a loro proteggere le api e diventare apicoltori per un futuro sostenibile. Foto: FAO / World Bee Day



C’è chi si è dilettato a fare due conti, che sono stupefacenti e sottolineano l’importanza di questi insetti. In una giornata “lavorativa” è stato calcolato che una sola ape preleva il polline da circa 700 fiori e che, con le compagne delle sciame, porta a termine con successo l’impollinazione di 200 alberi da frutto; lo stesso compito svolto da un contadino specializzato, che dovrebbe farlo a mano fiore per fiore per una decina di ore, porterebbe all’impollinazione di 20 alberi. In Cina, dove le maggior parte delle api sono state sterminate dall’inquinamento, accade davvero: ci sono i cosiddetti uomini-ape, che salgono sugli alberi con la scala e utilizzano stami polverizzati per impollinare manualmente i fiori. Un’operazione difficilissima, lunghissima e costosa.

Ma torniamo al 20 maggio. Perché è stata scelta questa data per ricordare il preziosissimo lavoro delle api? Perché il 20 maggio 1734 nasceva a Breznica, in Slovenia, dall’umile famiglia Jansa, il primo di nove figli, Anton. Fin da bambino, Anton si appassionò a questi insetti, che osservò e poi studiò sempre con maggiore interesse.
Sognava però di diventate pittore e fu per iscriversi a una scuola di pittura che si trasferì a Vienna con due dei fratelli. Finì che i due diventarono artisti anche piuttosto affermati e in lui prevalse invece l’interesse per le sue adorate api. Anche se la sua istruzione era modesta, poiché non aveva potuto frequentare grandi scuole, riuscì a superare gli esami con il massimo dei voti e divenne il primo professore di Apicoltura presso la scuola imperiale istituita dalla granduchessa Maria Teresa d’Austria.
Anton Jansa fu il primo a scoprire che l’ape regina e i fuchi si accoppiano in volo e che i fuchi non sono portatori d’acqua per l’alveare, come si credeva allora. Spiegò anche che le api operaie non sono asessuate, ma tutte femmine che non possono però deporre uova fecondate. E nelle sue lezioni, e nei suoi viaggi in giro per l’Austria, raccontava tante altre meraviglie ancora, che aiutarono a conoscere da vicino il sofisticato e unico stile di vita di questi insetti, super organizzati all’interno degli alveari.

Del suo antico sogno di diventare pittore, rimasero le arnie che dipingeva nel suo grande apiario, che ancora oggi si può visitare a Breznica. 
Anton Jansa divenne così famoso che l’imperatrice fece una legge dedicata agli apicoltori: tutti dovevano seguire gli insegnamenti del professor Jansa, contenuti anche nei due libri che scrisse.


E Garibaldi cosa c’entra? Il generale e condottiero, che si era ritirato a Caprera, scrisse una lettera al presidente della Società Italiana di Apicoltura e dichiarò a sorpresa che appunto l’apicoltura era la sua “occupazione prediletta”. Negli stessi anni, al sindaco di Caprera disse invece che preferiva essere definito un agricoltore, e non un uomo d’armi.
Sull’isola, Garibaldi aveva un’ottantina di alveari, che curava personalmente tutti i giorni e ai quali dedicava la grande parte del suo tempo. Questa passione gli era stata tramandata probabilmente da un antenato medico, che portava il suo stesso nome, e che in Liguria allevava api. Esiste un trattato di apicoltura intitolato “I prodigi della natura manifestati nelle api’, datato 1790, che porta la firma di Giuseppe Garibaldi, ma quello “senior”, dato che il Garibaldi che conosciamo è nato solo nel 1807.

Foto d’apertura: IPA

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