È la Giornata mondiali delle api. Ma anziché festeggiare dobbiamo proteggerle
Pesticidi, siccità, scomparsa di habitat stanno mettendo in crisi questi preziosissimi instetti impollinatori. E l’Italia ha già perso un quarto del suo miele rispetto a dieci anni orsono.
di Alessio Pagani
Ormai lo sappiamo tutti: nel mantenimento dell’equilibrio degli ecosistemi le api, come altri insetti impollinatori, sono fondamentali. Eppure non se la passano bene, anzi. E questo è un problema serio, per loro e per noi. Il 90% delle piante a fiore selvatiche e il 75% delle principali colture agrarie, spiega il WWF, «necessita infatti di impollinazione animale». Questi insetti sono così un tesoro per l’umanità. Ma nonostante la sensibilizzazione, l’istituzione della Giornata mondiale delle api (il 20 maggio) da parte dell’Assemblea generale dell’ONU nel 2017 e le tante iniziative del WWF, di Greenpeace e di altre organizzazioni, la loro condizione continua a peggiorare: a livello globale il 40% delle specie di impollinatori è a rischio estinzione, in particolar modo api selvatiche e farfalle. A minacciarle, spiegano gli esperti, «sono soprattutto «i pesticidi, la distruzione degli habitat, i cambiamenti climatici, le specie esotiche ed i parassiti».


Un quadro preoccupante, anche in Italia, dove il clima gioca davvero brutti scherzi a queste creature. Nell’affrontare il declino delle api selvatiche Legambiente individua proprio nella crisi climatica una delle cause prevalenti. Le fioriture anticipate, causate dall’innalzamento delle temperature, interferiscono, ad esempio, con la capacità di raccolta del polline con conseguenze sulla salute delle api proprio quando esse hanno più bisogno di nutrimento – tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera – per rafforzare le arnie.
Nociva anche la riduzione degli habitat causata dall’espansione dei terreni agricoli, perché l’aumento delle monoculture riduce la biodiversità vegetale, privando le api dell’«accesso ad un’ampia varietà di risorse floreali necessarie per il soddisfacimento delle loro esigenze nutrizionali».


Il nemico pubblico numero uno, però, è rappresentato dai pesticidi che possono trovarsi in sospensione atmosferica e ricadere poi sui fiori, sui rami e sulle foglie, nell’acqua, diffusi non come sostanze singole ma come mix di principi attivi che combinandosi fra loro possono avere effetti difficili da prevedere. Infatti ultimamente gli esperti stanno spostando l’attenzione sugli effetti sub-letali dei pesticidi, quegli effetti che si hanno quando le loro concentrazioni sono contenute e non causano la morte dell’individuo ma ne alterano la fisiologia, il comportamento, le capacità di riproduzione.
Intanto l’Italia ha dovuto dire addio a quasi 1 vasetto di miele su 4 (23%) rispetto a poco più di un decennio fa con una raccolta che nell’ultimo anno a livello nazionale è stata di circa 23 milioni di chili, condizionata da siccità ed eventi estremi che hanno causato oltre 6 miliardi di euro di danni all’agricoltura.
(Foto d’apertura: IPA)
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