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La vita al servizio degli animali di Laura Masutti

Ha fondato la sezione di Ciriè e Valli di Lanzo della Lega italiana dei diritti dell’animale, che dopo 24 anni di impegno quotidiano gestisce ancora in prima persona. “Ho sempre aiutato i più deboli, non solo gli animali”, dice a Petme, e racconta di Italo, un cagnolone cieco e sordo tenuto alla catena per 6 anni. “Tornassi indietro, inizierei prima a occuparmi di chi soffre”.

di Silvia Stellacci
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Laura Masutti ha scolpito la sua vita intorno a un amore puro per gli animali. Fin dall’infanzia, ha sentito un irresistibile impulso a soccorrere gli esseri vulnerabili che abitavano il cortile di casa. «Dall’età di tre anni, il mio istinto era quello di salvarli. Tornavo a casa con una scatola contenente gli animali malmessi che incontravo, e mia madre si arrabbiava», svela Laura.

L’impronta indelebile della sua dedizione si è consolidata nel tempo, portandola a diventare un faro di speranza per gli animali in difficoltà. Il suo percorso si intreccia con l’apertura, agli inizi degli anni Duemila, della sezione Cirié e Valli di Lanzo della L.I.D.A. (Lega italiana dei diritti dell’animale), in Piemonte, un rifugio che riflette il suo impegno incessante per garantire il benessere degli animali bisognosi. In ogni sua parola emerge il ritratto di una donna che ha fatto della sua passione una missione, una voce per coloro che non possono parlare. 

Petme l’ha intervistata.

Quando è nata la passione per gli animali?
Dal momento in cui ho cominciato a camminare nel cortile della casa di famiglia a Tarvisio – dove c’erano cavalli, cani, gatti, topini, lucertole – qualsiasi creatura vedessi in difficoltà, fosse anche un insetto, il mio istinto era quello di salvarlo.  Per tutta la vita ho sofferto moltissimo nel vedere gli animali trattati male, era proprio come se fossi io al posto loro.

Cosa vuol dire essere animalista?
Significa essere anche umano, perché non si può discernere quello che è un animale da chiunque altro soffra. Ho sempre aiutato i più deboli, non solo gli animali. Proprio in questo periodo, stiamo facendo attività in una colonia felina e il signore anziano che sta lì ha bisogno di tutto. Abbiamo raccolto vestiti da donargli e gli abbiamo fatto aggiustare gli occhiali

Quando è nato l’incontro con le associazioni?
Non sono entrata presto nelle associazioni anche perché qui, nella nostra vallata, non ce n’erano. In una prima fase, ho preferito fare la mamma e la moglie a tempo pieno. Nel 2000, quando un’altra ragazza ha deciso di adottare un cane che avevo salvato dalla strada, è nata l’idea di aprire un’associazione in questa zona. Così, Ciriè e Valli di Lanzo è diventata una sezione della L.I.D.A nazionale. Poi, questa ragazza ha avuto dei figli e se ne è andata, non aveva più il tempo per essere sempre presente.

Perché, di che tipo di impegno si tratta? 
È un impegno quotidiano, 365 giorni all’anno. Anche quando vado in vacanza sto sempre attenta alle telefonate che ricevo. Un tempo tenevo il cellulare acceso anche la notte, soprattutto da quando tutto il personale delle guardie provinciali della zona è stato ridotto. La vallata era un po’ scoperta e molto spesso andavo a recuperare nel buio i caprioli o gli animali investiti. 

Come associazione che tipo di servizio offrite? 
Queso è il ventiquattresimo anno di lavoro indefesso. Il nostro lavoro è recuperare gli animali con le poche risorse che abbiamo. Ad esempio, i recuperi delle colonie feline in questa zona li faccio io, il che comporta stare anche tante ore fuori al freddo. Poi ci sono i cani non più voluti. Si chiamano rinunce di proprietà, ma di fatto sono abbandoni. E noi ci occupiamo di curare tutti i cani malati che arrivano, soprattutto quelli più anziani, prima di affidarli a un nuovo proprietario. Raccogliamo anche il cibo da donare alle gattofile, a chi ha tanti cani, tanti animali. Ogni giorno, qui a casa mia chi ha bisogno arriva e chiede.

Possiamo parlare di una casa-rifugio?
Questa è una casetta di mia proprietà con un piccolo giardino. Ora riusciamo a dare un piccolo posto scaldato d’inverno e rinfrescato d’estate con spazi adeguati. Le maggiori difficoltà le abbiamo con la bella stagione, quando inizia il periodo dei recuperi, visto il boom dei parti che si registra in quei mesi. Da febbraio-marzo a settembre-ottobre siamo pieni di gattini abbandonati sul territorio, perché molto spesso le persone fanno partorire la gatta e immediatamente abbandonano i gattini neonati. 

Non riceve alcun aiuto dall’amministrazione pubblica locale?
Poco, infatti adesso siamo in difficoltà, perché per quest’ultima colonia che stiamo assistendo siamo andati in montagna pensando di trovare 10 gatti, invece ne abbiamo recuperati 30 da sterilizzare. Alcuni, i più piccoli, li ho portati a casa con me. Nonostante ci sia una legge che lo preveda, non tutti i comuni hanno la convezione per i cani randagi e quella per la sterilizzazione dei gatti, e la popolazione si trova in difficoltà. Trova un gattino e non sa dove portarlo, trova un cane ferito e non sa cosa fare. I comuni avrebbero potuto costruire un gattile, ma non ci sono fondi, non c’è il terreno…

Lei adotta in prima persona gli animali che salva?
Certo, l’ultimo cane che ho adottato si chiama Poldo e quando l’ho recuperato aveva 9 anni e 22 denti marci. Poi c’è un’altra cagnetta, anche lei presa a 9 anni. Vivono insieme e percorrono un pezzo di strada l’uno a fianco all’altro. Quando loro non ci saranno più, adotterò cani ancora più vecchi, perché ho 71 anni, quindi non posso adottare dei cuccioli. E questo è una delle tante questioni che devono comprendere tutti. Spesso i figli vogliono prendere per il padre di 80/90 anni un cucciolo, però quando il padre muore questi animali non li vogliono più. C’è un’incapacità a comprendere che l’animale è una scelta impegnativa e responsabile. 

Che cosa consiglia allora a chi vuole adottare un animale? 
Di capire bene l’impegno cui va incontro, l’animale che adotta e quali predisposizioni ha. Ad esempio, se si è abituati ad andare a correre tutti i giorni, non si può adottare un bulldog da portarsi dietro, perché si deve essere accompagnati da un cane che possa fare una vita compatibile con la propria. Non si deve mai decidere di adottare un animale solo perché ci piace. È un animale che saprei gestire? È un animale che saprei amare? Queste sono le domande.

Quale storia di un animale che ha salvato le è rimasta nel cuore?

Una storia che mi sta facendo molto male è quella di Italo. È stato per sei lunghi anni a due metri di catena sotto il sole, tenuto ferocemente in uno spiazzo di ghiaia con una cuccia di cemento. Cieco, sordo e impossibilitato a muoversi, perché avevano costruito una rete che gli impedisse di spostarsi da quel cortile bollente. L’acqua non gliela davano, aveva una ciotolina che andava bene per un gatto e lui è un tipo un pastore, un cagnolone. Quando lo abbiamo trovato in quelle condizioni, abbiamo deciso di portarlo via. Poi finalmente avevamo trovato una famiglia per lui a Torino, ma a Natale il signore che l’ha adottato è stato molto male e abbiamo dovuto mettere Italo in canile. E’ una cosa che mi ha straziato.

Come è cambiata la sua vita, da quando la scelta di occuparsi tutti i giorni degli animali? 
Fino a vent’anni fa, ero una persona che aveva una vita di famiglia, fatta di incontri sociali. Adesso gli incontri sociali li ho, ma quasi esclusivamente per trovare soluzioni o incontrare persone che vengono ad adottare. Ho adrenalina solo per questo tipo di cose, tutto il resto perde di valore e di interesse. Quando ho iniziato a fare questa vita, ho avuto delle difficoltà che mi hanno portato anche a separarmi dal mio compagno, che non accettava che io potessi essere così diversa.

Se potesse tornare indietro farebbe la stessa scelta? 
Credo che cercherei di sviluppare prima questa passione. Non sono politica, non sono dipendente di nessun ente, io e i volontari rispondiamo solo a noi stessi e alla legge che cerchiamo di ottemperare.

Foto per gentile concessione di Laura Masutti.

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