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Sapevi che esistono delfini rosa? Sono i magici abitanti di laghi e fiumi

Senza pinna dorsale e con un lungo becco, i delfini dell’Amazzonia sono riconoscibili dalla loro tipica colorazione. Questi cetacei abitano i corsi d’acqua dolce dell’America Latina, dove sono però minacciati dalla pesca intensiva e dall’inquinamento del loro habitat. Sono una meravigliosa specie gigante: lunghi anche 3 metri, arrivano ai 150 chili di peso

di Lorenzo Sangermano
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Comunemente noto come bonto o delfino rosa, il delfino dell’Amazzonia è una specie affascinante e unica di cetaceo che popola le acque dolci dell’America Latina. I suoi esemplari, in grado di raggiungere i 3 metri di lunghezza e i 150 chili di peso, sono riconoscibili dalla particolare colorazione della cute, una sfumatura che varia dal grigio chiaro nei giovani, al rosa intenso negli adulti.

La specie è diffusa in tutti i grandi sistemi fluviali del Sud America, in particolare il bacino del Rio delle Amazzoni e dell’Orinoco. Questi delfini riescono a spingersi fino a 2.800 chilometri lontano dalll’oceano, raggiungendo regioni remote del Perù e della Bolivia, e rimangono strettamente legati ai corsi d’acqua dolce.

Il delfino dell’Amazzonia è caratterizzato da un lungo becco tubolare ricoperto da peli corti e rigidi e ha la fronte prominente. Le pinne pettorali, utilizzate per la propulsione e per virare, sono lunghe e larghe, mentre al posto della tradizionale pinna dorsale il bonto presenta una gobba lunga e stretta.
Una delle sue particolarità è anche la flessibilità del collo, caratteristica rara tra i cetacei, che gli permette di girare la testa quasi a 90 gradi in basso e di lato. Questa abilità è cruciale per cacciare nei fiumi, un “terreno” dove il delfino dell’Amazzonia può fare così ricorso al suo ecoscandaglio naturale, particolarità necessaria per orientarsi nelle torbide acque amazzoniche.

Nonostante il loro fascino, i delfini rosa affrontano numerose minacce che ne mettono a rischio la sopravvivenza: la caccia per la produzione di esche da pesca rappresenta una delle principali. Recenti studi hanno rivelato, infatti, che gli esemplari sono spesso uccisi per utilizzarne il grasso nella pesca del pesce gatto, pratica clandestina ma diffusa tra le popolazioni locali, e devastante per i bonto.

Oltre alla caccia illegale, le minacce includono la frammentazione dell’habitat dovuta alla costruzione di dighe e la pesca intensiva, durante la quale le reti possono intrappolare i delfini, che muoiono perché non riescono più a risalire in superficie.
La loro salute è messa in pericolo addirittura dal loro stesso habitat, alterato dall’inquinamento delle acque fluviali ed eccessivamente riscaldato dai cambiamenti climatici. L’anno scorso un’ondata di caldo anomalo ha causato la morte di oltre cento delfini nel Lago Tefé, in Brasile, dove la temperatura dell’acqua aveva superato i 39 gradi.

Per garantire la sopravvivenza della specie, organizzazioni come il WWF e l’Istituto Mamirauá di Tefé si sono messi al lavoro nel tentativo di promuovere metodi di pesca alternativi e un uso responsabile dell’energia idraulica. Nel frattempo il delfino dell’Amazzonia rimane una meraviglia naturale che richiede una protezione urgente affinché anche le prossime generazioni possano ammirarla.

Foto d’apertura: IPA

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