Skip to Content
image description

Dai cani dei Gonzaga alle mucche di Segantini. Animali e arte dal Rinascimento al Novecento

Dalle prime manifestazioni di affetto con i quattro zampe ritratti perché parte integrante della famiglia, alle sperimentazioni novecentesche. All’insegna del movimento e del dinamismo.

di Alessio Pagani

Da messaggio a significato. Non cambia il periodo artistico, siamo sempre nel Rinascimento, ma mutano le motivazioni che spingono committenti e artisti a ritrarre gli animali. Un rapporto continuo che nel corso della storia dell’uomo ha riguardato anche l’arte. Così, dopo la prima puntata del nostro viaggio che ci ha portato dall’uro di Lascaux al leone di “San Girolamo nello studio” di Antonello da Messina, arriviamo ora a quello che, con ogni probabilità, è se non la prima in ordine cronologico, senza dubbio la più importante manifestazione d’affetto nei confronti degli animali.

I cani dei Gonzaga

Voluta dai Gonzaga, realizzata dal Mantegna tra 1465 e il 1474, si trova a Mantova. Stiamo parlando della straordinaria “Camera degli sposi”. «Capolavoro assoluto del Rinascimento costituisce un prototipo esemplare di concezione decorativa unitaria di un ambiente, in chiave ottica e prospettica», evidenza a Zoon Magazine il critico d’arte Marco Scotti, «ma anche, e forse per la prima volta a un livello così alto, un vero omaggio ai propri animali da compagnia. Consegnati da quest’opera a veri e propri membri della famiglia, esattamente come li intendiamo noi oggi». I Gonzaga amavano i cavalli, i falconi e i cani. «Per questo li fecero rappresentare», sottolinea Scotti. La loro, infatti, era una vera e propria passione. Adoravano i quattro zampe, sia quelli da compagnia, sia da caccia, importandone da ogni parte d’Europa. Abbiamo tracce di esemplari fatti arrivare dalla Dalmazia, dalla Turchia, dalla Bretagna, dall’Inghilterra. E, come si evince dai loro “ritratti”, questi quadrupedi divennero parte della vita di corte.

Come Rubino, il cane preferito del marchese Ludovico II Gonzaga, rappresentato nella scena dove tutta la famiglia è riunita. È il solo, tra gli animali ritratti all’interno della stanza, di cui conosciamo il nome. Di razza non nota, probabilmente un meticcio, è proprio sotto la sedia del suo padrone. C’è poi uno spinone, in una delle sue prime rappresentazioni in pittura. Lo troviamo sulla parete della scena dell’incontro, a far capolino da dietro le gambe di Ludovico II fasciate da calze multicolori. Anche lui doveva essere uno dei cani preferiti dal marchese. Sempre sulla parete dedicata alla scena dell’incontro, troviamo ancora cani di razza: esemplari di cane corso tenuti dai servitori al guinzaglio, così come i due alani collocati poco distante. Entrambi rivolti verso l’interno della Camera, rimandano poi al terzo quattro zampe, dipinto nelle lunette della volta. «Qui è manifesta la passione personale del committente che, oltre a rimandare alla fedeltà di questi cani, li vuole accanto a sé anche in questo luogo concepito per suscitare stupore e entusiasmo».

Il ramarro di Caravaggio

A metà strada tra l’omaggio dettato dal cuore e il rimando all’allegoria più complessa troviamo invece Caravaggio, con il suo Ragazzo morso da un ramarro, del 1595. «Si tratta di un’opera ovviamente fuori da un discorso religioso, peraltro largamente replicata in epoca moderna al punto da finire addirittura sulle magliette», sottolinea Scotti. «Qui l’animale torna a significare altro da se stesso». Non un’allegoria, come in passato, però. Piuttosto un’allusione. Il ramarro che sbuca dai fiori e dai frutti in cui era nascosto e morde il giovane, infatti, sembra essere un riferimento proprio al piacere e alle pene d’amore.

Nei secoli fra l’Ottocento ed il Novecento, poi, gli animali nella storia dell’arte divengono strumento. Vengono raffigurati per rappresentare le inquietudini dell’uomo e ciò caratterizza fortemente l’arte romantica, espressionista e futurista di quei periodi. In questi secoli gli animali simboleggiano l’interiorità dell’uomo. «E con loro l’artista cerca un contatto con la natura per richiamare la purezza e l’istinto dell’arte primitiva», racconta Scotti.

Le mucche di Segantini e i cavalli di Degas

È il caso di Giovanni Segantini e delle sue mucche. «Lui dipinge per piacere, per fare ricerca e i suoi bovini diventano soggetti da utilizzare a questo scopo». Come nell’opera “Mucca all’abbeveratoio”, del 1887. Lavoro che sprigiona un fascino immediato, «per la sua freschezza e naturalezza, per la gioiosità senza retorica del bellissimo paesaggio alpino, ridotto all’essenziale e per il sapore commovente di cosa vera in quel muso dell’animale assetato che si china per bere». Gli animali diventano poi mezzi per raccontare una modernità che afferma la velocità e il potere dell’istante. Come in “The Parade” di Edgar Degas. Qui l’artista affronta il tema dell’ippodromo con i cavalli individuati «come pretesto ideale per studiare le forme e il movimento». Degas, però, non poneva mai l’accento sulla corsa vera e propria, preferiva coglierne i momenti relativamente più tranquilli. «E in questo quadro sa ricreare in maniera magistrale l’atmosfera dalla competizione senza mostrarla». Il pittore raffigura, infatti, cavalli e cavalieri mentre si avviano alla partenza: la corsa è solo prossima a iniziare. Ma l’eccitazione è palpabile, e culmina nello scatto improvviso e nervoso dell’ultimo purosangue sullo sfondo. «Evento che rende efficacemente la tensione che precede ogni gara che si rispetti», chiarisce Scotti.

Il dinamismo canino di Balla

Passano pochi anni e l’evoluzione prosegue. Arrivando a Giacomo Balla, “Dinamismo di un cane al guinzaglio”, del 1912. «Qui è evidente che il cane è un vero e proprio strumento per raccontare, per riflettere.

«Per scandagliare il tema del movimento propria dell’autore. Movimento che qui viene reso come se si trattasse di una ripresa fotografica, cui si riferisce anche il taglio della composizione». Parallelamente sono presenti le diverse immagini delle zampe e della coda, nella successione determinata dal moto. Che riflette, ancora, l’importanza dell’animale. Inteso qui come chiave di volta per le sperimentazioni dell’artista.  

(Foto Camera deglli Sposi: www.arteopereartisti.it)

Copyright © 2024 – Tutti i diritti riservati