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Salviamo i pesci dei nostri fiumi e laghi

Sono a rischio per le continue immissioni nelle acque di specie aliene, arrivate ormai al 62% del totale. Pratica che crea ulteriori danni a questi ecosistemi in crisi per pressione antropica e siccità.

di Alessio Pagani

Sono in crisi i pesci dei nostri fiumi e dei nostri laghi. Secondo il WWF la loro situazione «è a dir poco disastrosa». Su 152 specie attualmente censite, solo il 38% sono, infatti, autoctone e spesso in uno stato di conservazione assolutamente inadeguato: circa la metà è a elevato rischio di estinzione (48%), un tasso ben più alto degli altri vertebrati: anfibi (36%), rettili (19%), uccelli (29%) e mammiferi (23%). In Italia sono inoltre censite ben 33 specie di pesci endemiche o sub endemiche. «Il che vuol dire», spiega il WWF, «che abbiamo un patrimonio unico e una responsabilità enorme per la sua tutela, perché se non proteggiamo noi le specie esclusive del nostro territorio non può farlo nessun altro». Alborella, rovella, triotto, vairone italico, barbo canino e tiberino, savetta, lasca, trote mediterranee (Salmo ghigii e Salmo cettii), carpione del Garda, carpione del Fibreno, trota marmorata sono alcune delle specie che vivono solo da noi (endemici) o prevalentemente nel nostro Paese (sub endemici).

Molte di queste sono in crisi anche per l’introduzione scellerata di specie provenienti da altri areali: il 62% dei pesci presenti nelle nostre acque interne è rappresentato da specie alloctone, aliene, che impattano fortemente sulle comunità ittiche presenti. In questa situazione il WWF ritiene del tutto sbagliata l’azione che diverse Regioni stanno portando avanti per consentire ulteriori immissioni di pesci alloctoni nei fiumi solo per soddisfare le richieste di alcune associazioni di pescatori. «Introdurre siluri, provenienti dall’est Europa, che sul Po ormai superano i 2 metri, o trote iridee, o lucioperca piuttosto che molte altre specie aliene», commenta Andrea Agapito Ludovici, responsabile acque WWF Italia, «rappresenta una catastrofe ecologica che non ha fatto e non fa altro che peggiorare la situazione, già drammatica, della biodiversità nelle acque dolci».  

(Foto d’apertura: IPA)

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