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Ippopotami nel mirino per l’avorio dei loro denti 

Sono più facilmente reperibili delle zanne di elefante e anche più facili da “piazzare”, perché costano meno. Così questi enormi erbivori sono diventati le prede preferite dei bracconieri.

di Redazione

Cacciare elefanti ed esportane le zanne d’avorio è diventato troppo difficile anche per i bracconieri. Il traffico illegale, infatti, è sempre più circoscritto grazie a controlli e divieti. Così, i bracconieri hanno trovato un’altra fonte del prezioso avorio: i grandi denti degli ippopotami. E gli attacchi contro questi mastodontici mammiferi si sono moltiplicati. 

A lanciare l’allarme sono state diverse associazioni animaliste e ambientaliste britanniche all’indomani della chiusura a Montreal, in Quebec, della Conferenza Onu sulla biodiversità, la Cop 15, sfociata in un accordo globale per tutelare maggiormente ecosistemi e specie animali a rischio. La vicenda degli ippopotami diventa, infatti, un simbolo di quanto un singolo divieto possa essere aggirato tutto sommato facilmente quando gli interessi economici sono fortissimi. 

Dallo scorso giugno, quando nel Regno Unito è entrato in vigore il divieto quasi totale del commercio di avorio di elefante, è iniziato infatti a crescere il commercio di quello prelevato dagli ippopotami, come riscontrato dall’associazione Born Free Foundation, circostanza molto grave «visto che in natura i numeri della specie sono già minacciati».   

«L’aumento dell’avorio proveniente da ippopotami e facoceri dovrebbe dare un ulteriore impulso per estendere senza indugi la protezione offerta dall’Ivory Act a queste e ad altre specie da cui si ricava l’avorio», ha sottolineato Mark Jones, della Born Free Foundation. Tra il 1975, anno di inizio delle registrazioni di Cites, e il 2017 sono stati scambiati legalmente 770 mila chili di denti di ippopotamo, ma esiste purtroppo anche un florido commercio illegale. Nel 2020 i denti di ippopotamo sono stati, poi, tra le parti del corpo dei mammiferi più spesso sequestrate nell’Unione europea, secondo un rapporto della Commissione.  

Da qui l’allarme. Perché senza controlli più severi e restrizioni, avvertono gli attivisti, «gli ippopotami vanno incontro allo stesso destino degli elefanti, in pericolo perché un gran numero è già stato ucciso dai bracconieri per le loro zanne».   

(Foto d’apertura: @african_impressions)

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