Skip to Content
image description

Scoperta: molti mammiferi di notte hanno il manto fluorescente

Secondo lo studio di uno zoologo australiano, il pelo di una gran parte di mammiferi brilla se sottoposto a luce UV. Ancora sconosciuto il motivo, forse connesso a metodi di comunicazione.

di Alessio Pagani

Secondo una recente ricerca condotta dallo zoologo australiano Kenny Travouillon, la fluorescenza nei mammiferi è un fenomeno molto più comune di quanto si pensasse in precedenza. Lo scienziato ha esaminato esemplari conservati nella collezione dei mammiferi del Western Australian Museum di Perth e ha scoperto che ben l’86% delle 125 specie osservate possiede una pelliccia in grado di brillare quando esposta a una luce ultravioletta.

La scoperta ha svelato che la fluorescenza non è limitata a specie specifiche, ma è diffusa tra una vasta gamma di mammiferi, rappresentando tutti e 27 gli ordini in cui i mammiferi viventi vengono classificati e ben 79 famiglie, ovvero circa la metà di quelle conosciute. Questo fenomeno è stato osservato in specie di marsupiali australiani come ornitorinchi, vombati, diavoli della Tasmania ed echidna, ma anche in animali diurni come la zebra di montagna e l’orso polare.

La fluorescenza nei mammiferi è il risultato dell’assorbimento di radiazioni ultraviolette da parte delle proteine contenute nella pelliccia o nella pelle degli animali, per poi rifletterle sotto forma di luce visibile. Questo processo fa sì che alcune parti del corpo degli animali, come pelo bianco e chiaro, aculei, baffi, artigli, denti e parte della pelle nuda, appaiano blu, verde o persino rosso quando esposti alla luce UV. 

Sul motivo di questa fluorescenza nei mammiferi c’è però ancora del mistero. Gli scienziati ritengono che potrebbe servire come mezzo per migliorare la segnalazione visiva tra gli animali, in particolare per le specie notturne. Potrebbe per esempio aiutare i carnivori a riconoscersi all’interno della propria specie. Ci sono infatti casi in cui questa luce visibile è presente solo su parti del corpo non esposte ai predatori, suggerendo che potrebbe essere un modo per i membri della stessa specie di riconoscersi tra loro.

Per condurre la ricerca, i ricercatori hanno esaminato esemplari conservati e congelati della collezione del Western Australian Museum. L’analisi ha richiesto più metodi, come il borace e l’arsenico, per escludere che la fluorescenza fosse il risultato di sostanze chimiche usate nei processi di conservazione. Dall’osservazione è emerso che, con una differenza nell’intensità della luce riflessa, il colorito blu era presente in entrambi i casi, confermando così che si trattava di un fenomeno biologico intrinseco.

Questa scoperta apre nuove prospettive sulla comprensione della biologia e del comportamento di questi animali. Anche se il motivo esatto per cui alcuni mammiferi brillano sotto la luce UV rimane da chiarire, la fluorescenza potrebbe essere un mezzo per migliorare la visibilità in condizioni di scarsa luce e rivelarsi  un’importante area di ricerca per futuri studi sulla biologia dei mammiferi.

(Foto d’apertura: Facebook/WA Museum Boola Bardip)

Copyright © 2024 – Tutti i diritti riservati