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Per colpa dell’uomo, 1.400 specie di uccelli non esistono più: fermiamoci!

Un recente studio britannico fornisce dati allarmanti: il vastissimo mondo degli uccelli è stato decimato ed è a grave rischio anche negli anni futuri. A cascata, anche gli ecosistemi di tutta la Terra sono in pericolo. Le cause di queste infinite estinzioni ci inchiodano alle nostre responabilità.

di Leonardo Pini
Apertura

Esplorando la vastità del mondo degli uccelli nel corso dei secoli, un recente studio condotto da un team di esperti ricercatori del Centro britannico per l’Ecologia e l’Idrologia (Rob Cooke, Ferran Sayol, Tobias Andermann, Tim M. Blackburn, Manuel J. Steinbauer, Alexandre Antonelli e Søren Faurby) ha fatto nuova luce sull’impatto che l’umanità ha avuto sulla scomparsa degli uccelli a partire dal tardo Pleistocene, il che significa più o meno da 130 mila anni fa in poi.

I pochi ritrovamenti fossili rendono ardua la traccia della preistoria degli uccelli, ma le stime indicano che circa il 12% delle specie aviarie, pari a 1300-1500, è stato cancellato dall’azione umana, raddoppiando così le stime precedenti. Il lavoro degli esperti britannici, pubblicato sulla rivista “Nature Communications”, svela un quadro inquietante su ciò che rappresenta il potere di devastazione che le azioni dell’uomo hanno sulla natura.
Centinaia sono state le estinzioni “invisibili”, cioè quelle avvenute prima del 1500, periodo del quale non ci sono tracce documentali: da allora in poi, la maggior parte degli eventi è invece stata documentata. L’analisi di Cooke e del suo team rivela che l’arrivo dell’uomo nel Pacifico orientale nel XIV secolo è stato responsabile dell’estinzione di ben 570 specie di uccelli, segnando quello che potrebbe essere il più grande evento di estinzione di vertebrati causato dall’uomo nella Storia. 

Un disegno che ritrae il mitico dodo delle Mauritius. Misurava anche 1 metro di altezza e pesava circa 10-15 chili.

Le zone in questione sarebbero state le Isole Cook e le Hawaii. E un episodio altrettanto grave si colloca nel IX secolo a.C., quando l’avvento dell’uomo nel Pacifico occidentale ha causato una significativa perdita di biodiversità, con impatti a cascata sugli ecosistemi. Il riferimento in questo caso sono ad esempio le Isole Fiji.

Il tristissimo elenco degli uccelli scomparsi comprende anche il moa della Nuova Zelanda, il moho hawaiano, l’uccello elefante del Madagascar e il dodo delle Mauritius.
L’analisi completa delle estinzioni di volatili rivela dunque una serie di ondate di gravi perdite, ma la ricerca sottolinea anche l’evento di estinzione attualmente in corso, iniziato a metà del XVIII secolo. Questa fase più recente è caratterizzata da minacce globali, le cui responsabilità sono sempre in capo all’uomo, tra le quali la deforestazione selvaggia, la diffusione non controllata di specie invasive, la pratica dell’agricoltura intensiva, l’inquinamento e infine i cambiamenti climatici, disastrosi per ogni habitat e per tutte le specie viventi.

La scoperta dirimente di questo studio è che il numero reale delle specie di uccelli estinti è il doppio di quanto stimato finora dallo stesso team: ciò sottolinea quanto l’impatto umano sia stato grave e sensibilizza sulla necessità di una maggiore consapevolezza e di azioni concrete per affrontare la crisi di biodiversità in corso.
La perdita di così tante specie non solo è irreversibile, ma ha appunto effetti devastanti “a cascata” sugli ecosistemi, facendo scomparire altre piante e animali che dipendevano proprio dai volatili per la loro sopravvivenza. E le prospettive non sono più rosee di ciò che è accaduto: nelle prossime centinaia di anni, altre 700 specie di uccelli sono a rischio.

Serve una rapida inversione di marcia per proteggere le specie rimanenti e preservare gli ecosistemi globali. La biodiversità è fondamentale per l’equilibrio ecologico e il benessere dell’intero pianeta: la cura e la salvaguardia del pianeta Terra dipendono da noi.

Nella foto d’apertura: Quattro specie di Moa, i grandi uccelli estinti della Nuova Zelanda che non sapevano volare. I più grandi arrivavano a 3 metri e mezzo di altezza e pesavano anche 200 chili.

Tutte le foto: IPA

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