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Juniper e la sua corsa verso la libertà: storia di un levriero salvato

Una levriera, salvata da un passato di sfruttamento nelle corse, ha conosciuto solo dolore e paura prima di affrontare un lungo percorso di riabilitazione. Costretta a correre per anni su una pista, ha imparato lentamente a fidarsi degli esseri umani e a scoprire il significato del gioco e dell’affetto. Una storia di rinascita che mostra quanto amore e pazienza possano trasformare anche le vite più segnate

di Pietro Santini
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Pur non godendo dello stesso interesse di cui godeva anni fa, l’ignobile pratica della corsa dei cani è ancora legale in molti paesi del mondo, tra cui il Regno Unito. Fu proprio all’ombra della corona inglese che lo “sport” chiamato Racing prese forma nei primi anni del secolo scorso, spinto soprattutto  dalle attività di scommesse, che sono tutt’ora il motore di questo business.

In Italia, fortunatamente, l’ultimo cinodromo ha chiuso nel 2002, e dal 2009 una legge vieta severamente l’uso dei cani nelle corse agonistiche, rendendo questa pratica un reato penale. Nei Paesi dove invece è ancora possibile, i cani sono costretti ad una (breve) vita di stenti e soprusi e sono privati di tutti quei diritti basilari di cui ogni essere vivente dovrebbe disporre. L’unica tutela che i poveri Greyhound o Galgos possono avere è rappresentata dalle associazioni che ogni anno si battono per salvarli dal loro triste destino, come accade nella meravigliosa storia di rinascita di Juniper, una femmina di Levriero che ha trovato una seconda chance grazie al cuore grande di Vera Johansson.

Vera ha raccontato a “Newsweek” di non sapere molto del passato della sua compagna a quattro zampe, o meglio di non volerne sapere per niente: “Ho il suo nome e il numero con cui gareggiava, così posso ottenere informazioni complete, la sua storia, ma ho scelto di non farlo: l’unica volta che ci ho provato sono scoppiata a piangere per l’orribile sorte che tocca a questi cani”.

Quel che è certo è che Juniper, come altri 8.000 levrieri ogni anno, aveva terminato la propria carriera in questo orribile mondo fatto di corse e scommesse, ma non c’era un futuro roseo ad aspettarla o forse non c’era proprio un futuro.

Johansson non ha mai avuto dubbi invece, sapeva che avrebbe adottato un cane e sapeva che avrebbe salvato un Greyhound dal proprio orribile destino. È così che è arrivata Juniper, il cui nome riflette una qualità essenziale nella sua difficile storia di sopravvivenza. “È stata chiamata Juniper in onore della pianta di ginepro, perché è nota per essere in grado di crescere rigogliosa anche nelle situazioni più estreme, uscendone sempre splendidamente. Sentivo che era una bella rappresentazione del suo spirito”.

Quando Juniper è arrivata nella sua nuova casa in Scozia sapeva solo correre. Non conosceva l’affetto, non sapeva giocare ed evitava ogni forma di contatto con gli esseri umani. Nei rari momenti di relax che le sue ansie le concedevano, quando veniva colta alla sprovvista da Vera per qualche carezza, rispondeva con un sobbalzo e andava a cercare un nascondiglio altrove. 

“È servito un anno per farle comprendere il concetto di gioco con gli umani o con gli altri cani. Quando cercavo di insegnarle a giocare a riportare la palla, lei se ne stava lì ferma con aria incredibilmente confusa e io finivo per giocare con me stessa, cercando di mostrarle come si fa”, ha riferito la donna nell’intervista a “Newsweek”.

Ora, per entrambe, arrivano le prime soddisfazioni: Juniper ha imparato a fidarsi di Vera, cercandola per le coccole o quando si sente a disagio. Ha anche iniziato a comprendere le regole del gioco e a interagire meglio, sia con gli umani che con gli altri cani. Sembrano lontani quei momenti in cui ogni singolo rumore la faceva tremare e persino mangiare per lei era un’impresa.
La rinascita di Juniper è testimoniata anche dal cambiamento nel suo scuro mantello, ora morbido e liscio, ma un tempo crespo e rado.

Oggi, mentre Juniper si gode la comodità del letto o del divano di casa Johansson, il desiderio di Vera è che sempre più persone prendano coscienza della terribile condizione in cui versano migliaia di levrieri in tutto il mondo, impegnandosi per la loro salvezza. “Non sono macchine da corsa da sfruttare fino a quando non sono più redditizie”, dice Vera con fermezza. È una triste verità, soprattutto considerando che nel 2024, nell’Europa dei diritti e delle normative, dobbiamo ancora lottare per garantire a questi cani il rispetto e la dignità che meritano.

In apertura: i due nuovi levrieri sfruttati per le corse e ora adottati dalla famiglia di Sandra Milo. L’attrice aveva una vera passione per questa razza di cani, vittime di competizioni feroci, che aveva accolto in casa con amore. Foto: @sandramiloreal

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