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Cani e gatti posso essere beneficiari della nostra eredità?

Visti quasi come figli o nipoti, gli animali da compagnia sono parte integrante della famiglia. Ma in caso di decesso del padrone, cosa dice la legge in Italia? Si possono lasciare a loro denari o beni? Risponde a Petme l’avvocato, che racconta anche una curiosa vicenda ereditaria, di cui era protagonista proprio un gatto: Alfredo.

di Lorenzo Sangermano
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Non più in una cuccia in giardino, ma in casa in compagnia, magari sul divano. Chi non è d’accordo sul fatto che gli animali siano ormai per tutti noi membri effettivi della famiglia? Come tali devono essere trattati e considerati. E come tali avrebbero quindi diritto a parte dell’eredità che lasceremo. O no? Per capire se questo è possibile e cosa dice al proposito la legge italiana, Petme lo ha chiesto all’avvocata Francesca Salviato, dello Studio Legale Salviato di Gallarate.

Avvocata, come è la questione? Possono davvero essere indicati animali tra i beneficiari della propria eredità?
Se intendiamo la domanda come “possiamo lasciare eredi i nostri animali”, la risposta ad oggi è no. Non è consentito, purtroppo, lasciare erede un animale domestico per due motivi fondamentali: primo, l’ordinamento italiano vede gli animali come cose, come oggetti. In quanto tali, sono privi di capacità di agire e di personalità giuridica, non possono quindi ricevere eredità o donazioni e non possono essere titolari di patrimoni. In secondo luogo, anche ammettendo che l’animale domestico possa legittimamente ricevere un’eredità, poi non sarebbe in grado non solo di gestire il patrimonio, ma nemmeno di portare avanti le azioni che richiede lo status di erede. Non dimentichiamo, infatti, che gli eredi sono responsabili anche dei debiti ereditari. Questo onere, ovviamente, non potrebbe in alcun modo essere riconosciuto ad un animale domestico.

Gli animali, quindi, non possono essere eredi in senso giuridico. Eppure la cronaca ogni tanto riporta il contrario, e cioè che una persona ha lasciato i propri averi al compagno a quattrozampe.
Sicuramente è successo anche in Italia che qualcuno abbia lasciato erede il proprio animale domestico, ma presumibilmente in un testamento olografo, non guidato quindi da un notaio che, verosimilmente, avrebbe dato alcune utili indicazioni. La disposizione di nomina dell’erede (cioè la frase “lascio erede il mio gatto di…”) non può essere stata applicata da chi ha pubblicato il testamento.

Se l’animale fosse stato l’unico erede designato, il testamento sarebbe stato nullo e probabilmente si sarebbe aperta una successione legittima, come se il testamento non ci fosse mai stato.
Se, invece, l’animale fosse stato nominato erede insieme ad altri, semplicemente gli unici eredi effettivi sarebbero state le persone, e anche gli importi e i beni destinati all’animale sarebbero stati divisi pro quota fra loro.
Nessuna di queste disposizioni dell’ordinamento italiano, però, assicura che qualcuno si prenda effettivamente cura del nostro amico dopo la nostra dipartita, perché non esistono obblighi o indicazioni in tal senso: venuta meno la nomina di erede in quanto nulla, la soggettività dell’animale viene sorpassata e ciascuno potrà disporre delle sostanze ricevute in eredità come crede. Sulla base del proprio buon cuore, qualche erede potrebbe prendersi in carico l’animale, ma non c’è un vero obbligo.

Può una persona provvedere comunque con la propria eredità alla tutela del proprio animale?
Si, qualche strumento c’è: il testamento modale, per esempio. Lascio una somma o un bene ad uno degli eredi, ma questa somma è vincolata allo scopo di mantenere il mio amico a quattro zampe. In questo modo l’erede è tenuto specificamente a destinare quei soldi o quel bene alla cura dell’animale, con il rischio altrimenti di perdere il lascito.

Spesso, questo genere di lasciti si fanno a fondazioni o associazioni, ma tale stratagemma funziona anche fra privati. Anche per gli animali questa potrebbe essere una buona soluzione: lascio ad una persona di fiducia una determinata somma che è destinata alla loro cura. È importante sottolineare che la persona che ha ricevuto questo lascito è obbligata a svolgere la prestazione richiesta nei limiti di quanto lasciato. Perciò è bene valutare anche l’importo oggetto della disposizione modale.

Questa può avere ad oggetto anche un bene, che sia una casa, un quadro, un gioiello. Il discorso non cambia: la persona sarà sempre tenuta a occuparsi della cura dell’animale, nei limiti del valore del lascito, e poi si avvantaggerà della differenza.

Cosa rappresenta invece la figura dell’esecutore testamentario?
Un altro modo per essere sicuri che qualcuno si prenda cura del nostro animale domestico, è la nomina appunto di un esecutore testamentario, cioè di una persona di fiducia che ha il compito di controllare che venga data esecuzione corretta e puntuale di tutte le disposizioni contenute nel testamento. Non solo quelle riguardanti gli animali, ma tutte nel loro complesso.
L’esecutore assume l’incarico di verificare il corretto adempimento delle volontà del testatore e, se necessario, ammonisce o diffida gli onerati ad adempiere i propri compiti.

Cosa succede se la persona preposta alla tutela dell’animale è inadempiente? Avvengono controlli o sanzioni?
Dipende da quale sia il destinatario del lascito: può essere infatti una persona o un ente. Se si tratta di un ente, per esempio una fondazione, vi sono tutta una serie di controlli amministrativi che potrebbero assicurare la puntuale esecuzione dell’onere, anche con diffide o sanzioni in caso di inadempimento.
Se, invece, si tratta di privati ciò non avviene. Non ci sono controlli veri e propri, se non quello dell’esecutore testamentario. Ci sono però una serie di meccanismi “interni” che potrebbero comunque funzionare. Primi fra tutti, gli eredi stessi potrebbero avere interesse a controllarsi a vicenda, segnalando eventuali inadempimenti per ottenere la revoca del lascito e quindi un vantaggio per sè.

Le è capitato di trattare una questione ereditaria che concernesse un animale domestico?
Sì, racconto un caso che mi è capitato nella pratica. Il testatore, una anziana signora con due nipoti, lascia ad una delle due donne 270.000 euro perché si prenda cura del suo gatto Alfredo. L’altra nipote, avutasi a male, fa causa alla sorella, sostenendo che Alfredo sia addirittura deceduto prima della zia e che il gatto di cui la sorella si sta occupando sia, in realtà, un ‘sostituto’ di Alfredo, acquistato col solo scopo di trattenere il lascito. Le sorelle hanno dovuto produrre al giudice diverse fotografie del gatto, insieme alla zia e dopo la sua morte, perché si potesse verificare se si trattava o meno dello stesso animale.
Il giudice ha ritenuto che Alfredo, sebbene un po’ cambiato a causa della vecchiaia, fosse sempre lui e che la nipote beneficiaria potesse continuare a tenersi il denaro per mantenerlo.

Foto: IPA

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