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Dall’Iran a Torino, Navid racconta storie “proibite” di cani

Tali sarebbero nel suo Paese, l’Iran, dove i quattrozampe per legge non possono uscire di casa. Il giovane fotografo e video maker raccoglie sui social “favole metropolitane” di legami speciali tra esseri umani e amici pelosi e in quattro mesi ha raggiunto più di 170 mila follower. Noi lo abbiamo intervistato.

di Silvia Stellacci

Per le strade di Torino si aggira con la fotocamera al collo un giovane ragazzo di 25 anni. Si chiama Navid Tarazi, viene da Neyshaboor, in Iran, e ha una passione per la fotografia e il videomaking. È in Italia da un anno, studia al Politecnico di Torino e nel nostro Paese ha scoperto di avere un vero talento per raccontare le storie dei cani e dei padroni che incontra per la città. Lo fa sui social, sulla pagina @doggodaiily, che conta più di 170mila follower su Instagram e più di 99mila su TikTok. Come in una favola moderna, racconta i legami che si sono creati tra i cani e le loro famiglie. Ogni storia è più unica e speciale dell’altra, tanto da aver deciso di raccoglierle tutte in un libro di prossima pubblicazione.

Come è nato il progetto @doggodaiily e perché hai scelto di fotografare proprio i cani che incontri per strada?

«Negli ultimi anni, ho iniziato a fare foto in giro agli sconosciuti, ma le ho sempre tenute per me. Qui in Italia, inizialmente è stato difficile avvicinarmi alle persone a causa della barriera linguistica. E allora ho pensato: perché non provare a fotografare i cani? La prima volta, ho fatto domande in inglese al proprietario, ma poi ne ho memorizzate alcune in italiano, così da ripetere quelle. Ho anche iniziato a riprendere in video ciò che accadeva e, una volta a casa, ad ascoltare attentamente quello che mi veniva detto, così da capire tutto anche grazie all’aiuto di un traduttore o di qualche mio amico. È così che è nato @doggodaiily, ho iniziato a pubblicare foto e video dei cani e a innamorarmi di loro». 

C’è qualche dettaglio in particolare che ti porta a scegliere di fotografare un cane piuttosto che un altro?

«All’inizio sì, aspettavo di incontrare il cane più bello di tutti. Ma poi ho capito che non importava e che era la personalità del padrone, oltre a quella del cane, a rendere il video speciale. Solitamente, giro anche due o tre video diversi, ma poi scelgo sempre di pubblicarne uno, quello più emozionante».

Usi qualche tecnica per far mettere in posa i cani?

«Sì, di solito porto con me dei biscottini, chiedo al padrone di far stare seduto il cane o lo faccio stare seduto io stesso. Poi mi avvicino e scatto la foto. Ultimamente, porto con me anche una pallina che suona quando la stringo e incanta i cagnolini, che così risultano più “in posa”».

In Iran avere un cane non è visto bene dalla società e dal governo. Crescendo, come hai vissuto il tuo rapporto con gli animali e come è cambiato qui in Italia?

«Non c’è un regolamento chiaro sul possedere cani in Iran. Il divieto principale è che non possono essere portati a spasso. Li puoi avere in casa, ma se qualche vicino si lamenta è probabile che arrivi la polizia a toglierteli. C’è una mia amica in Iran che ha due cani. Di solito, lei li mette nella sua macchina con i vetri oscurati, in modo che nessuno da fuori li possa vedere, e li porta in campagna, lontano dalla città. Solo lì può farli camminare all’aria aperta, perché per strada non può portarli. Quanto al mio rapporto con i cani, paradossalmente prima ne avevo paura, perché crescendo in Iran i pochi che incontravo erano randagi spesso molto aggressivi. Poi, una volta qui in Italia, un mio amico mi ha fatto conoscere il suo cane e ho capito che non c’era niente di cui aver paura. Adesso li amo tutti».

Tra i tanti cani che hai incontrato e le tante storie che ti sono state raccontate, quali ti sono rimasti più impressi e perché?

«Ci sono due categorie di storie: quelle in cui i padroni sono molto dolci e quelle in cui lo sono i cani. Una volta ho incontrato un cagnolino di nome Sheldon. La padrona era una donna che aveva perso da poco il marito. Mi ha raccontato che per riprendersi le avevano prescritto diversi antidepressivi, ma che poi è arrivato Sheldon a salvarla. Non è stata più necessaria alcuna medicina. È stato davvero emozionante per me ascoltare quella storia e credo lo sia stato anche per gli altri, perché tutti hanno amato quel video. Tra i cani, mi è rimasta impressa in particolar modo Trudy, una bassottina dagli occhi dolci e innocenti». 

Qual è, invece, la tua storia? Quando sei arrivato in Italia?

«Sono arrivato in Italia il 7 settembre del 2022, è già passato un anno. Sono venuto qui per studiare Ingegneria Ambientale al Politecnico di Torino, ho finito il primo anno accademico e a breve inizierò il secondo. Mi trovo molto bene qui, a parte per le ondate di calore (ride, ndr.). Diciamo che, quando ci si trasferisce dall’Iran in un Paese europeo, la paura più grande è dover avere a che fare con episodi di razzismo. Devo dire, però, che in Italia ne ho notato pochissimo, se non per niente, e anche per questo mi piace vivere qui». 

Quando hai iniziato a pubblicare i tuoi video e le tue foto sui social, ti aspettavi tutto questo successo? Che cosa è cambiato dai primi video agli ultimi che hai pubblicato?

«Non mi aspettavo assolutamente tutto questo successo. Credevo al massimo di poter raggiungere 20 mila follower su Instagram nel primo anno. Invece, dopo quattro mesi, la pagina ha già più di 170mila follower. Per me è stato uno choc, non lo avrei mai detto. Dai miei primi video, poi, molte cose sono cambiate. All’inizio sembravo un robot per come parlavo. Stavo cercando di memorizzare e ripetere per bene tutte le parole che mi servivano per fare le domande. Ora credo di essere molto più fluente in italiano, o almeno spero. Un’altra cosa che è cambiata è la mia capacità di far sì che le persone parlino e si aprano con me. Mi considero un introverso e ho sempre avuto difficoltà ad avvicinarmi a sconosciuti e chieder loro di scattare una foto. Ma ora mi sento molto più sicuro, perché so che farà piacere anche a loro condividere la loro storia sui social media».

Tra gli ultimi video che hai pubblicato, ce ne sono alcuni in cui sei in un canile del torinese insieme a volontari dell’Enpa che hanno salvato cani da particolari situazioni di disagio. Pensi che nel futuro farai più contenuti del genere per aiutare cani sfortunati a trovare una casa?

«Sono arrivato lì e ho subito pensato che avrei fatto di tutto per trovare ai cani una casa e una famiglia che li accogliesse. Ho fatto foto e video e li ho pubblicati e nel giro di poco i cuccioli sono stati tutti adottati. Credo che continuerò a realizzare contenuti del genere, perché poter aiutare i cani a trovare qualcuno che si prenda cura di loro mi rende felice».

Come sta andando il progetto di scrivere e pubblicare un libro con le storie che hai raccolto per strada? Come ti è venuta l’idea?

«L’idea di scrivere un libro è venuta da un commento sotto un mio video su TikTok, in cui mi chiedevano: “Ma perché non scrivi un libro?”. “Perché non penso lo comprerebbe nessuno”, ho risposto io. Invece, sono rimasto stupito dalla quantità di persone che mi hanno risposto dicendo che lo acquisterebbero. Così ho pensato: sto già raccogliendo le storie, perché non dovrei scriverci un libro? Al momento sto cercando di risolvere tutte le questioni legali che ci potrebbero essere. Essendo qui da poco, non conosco bene le leggi in materia di privacy – anzi se qualcuno potesse darmi una mano ne sarei felice – ma l’intenzione è di pubblicare un libro in cui ci siano sia le storie che le foto, con racconti diversi rispetto a quelli pubblicati su @doggodaiily». 

(Foto d’apertura: Navid Tarazi)

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