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Dal DNA degli antichi cani lanosi, rivelato un segreto fra uomini e quattrozampe

Uno studio pubblicato su “Science” riscrive e la storia delle tribù indigene d’America. La relazione tra uomo e cane sarebbe ben più annosa di quanto immaginato finora. Ma c’è di più: i cani di questa razza scomparsa fornivano lana come le pecore ed erano simbolo di ricchezza.

di Silvia Stellacci

Un recente studio pubblicato sulla rivista “Science” ha rivelato che le relazioni tra uomini e cani potrebbero essere più antiche di quanto immaginiamo. La ricerca è partita dall’analisi del DNA di Mutton, l’ultimo esemplare di cane lanoso scomparso nel 1859 e conservato nel museo statunitense del Smithsonian Institution. Una specie canina antica che, stando ai risultati pubblicati nell’articolo scientifico, sarebbe arrivata nelle Americhe insieme alle prime popolazioni umane migliaia di anni fa.

L’aspetto straordinario dello studio risiede nella focalizzazione sul DNA di Mutton. La sequenza del suo genoma ha rivelato nuovi dettagli sul percorso evolutivo di questa razza di cani, consolidando le tradizioni orali delle tribù Coast Salish delle coste Nord Ovest del Pacifico che li hanno custoditi per migliaia di anni.

Chi sono i cani lanosi

I cani lanosi, noti come “sqwemá:y,” “ske’-ha,” “sqwəméy,” e “sqwbaý” in alcune lingue locali, erano molto più di semplici animali domestici. Venivano nutriti con una dieta speciale di pesce o alce e venivano tosati come pecore per ottenere una lana pregiata, tessuta con maestria in coperte e tessuti speciali. A custodirli con cura erano soprattutto le donne influenti delle tribù Coast Salish, per le quali possedere un esemplare di cane lanoso rappresentava uno status symbol.

L’antica connessione tra umani e cani

I risultati dello studio indicano che i cani lanosi si separarono da altre razze di cani in Nord America tra 1.900 e 4.800 anni fa. Dall’analisi del DNA, risulta che Mutton abbia solo per il 16% antenati di origine europea, una piccola percentuale che, per i ricercatori che studiano il genoma dei quattrozampe, indica l’attenzione con cui venivano allevati anche decenni dopo l’arrivo dei coloni europei.

«Non è solo un cane, è un parente. Ha un’enorme potenza spirituale, trasmessa attraverso la sua lana», ha dichiarato al “Washington Post” Michael Pavel, uno degli autori dello studio e anziano della tribù Skokomish-Twana. «Immagina di poter ricevere il dono della fibra di lana, imparare a tessere filati, creare un oggetto, una coperta o un mantello in cui poterti avvolgere durante i rigidi inverni, sentendo il calore di quelle preghiere. È così che noi lo vediamo e ora possiamo apprezzarlo anche da un punto di vista scientifico».

Grazie alla collaborazione tra il mondo scientifico e le comunità native, il DNA di Mutton è stato sequenziato e confrontato con altri cani antichi e moderni. I risultati evidenziano una percentuale sorprendentemente alta di ascendenti indigeni pre-coloniali, confermando l’isolamento riproduttivo mantenuto con cura dalle tribù Coast Salish.

Il mito della scomparsa

La storia della scomparsa di questa razza, che ha suscitato per lungo tempo domande senza risposta, ha ricevuto nuovi elementi chiave grazie alla citata analisi del DNA di Mutton. Gli autori dello studio suggeriscono una verità più complessa per quanto riguarda la fine della pratica tessile delle comunità Salish. Una versione che va in contrasto con la narrativa comune, che ne attribuiva la scomparsa all’avvento dell’industria e alla comodità di avere coperte tessute a macchina.

Il declino dei cani lanosi è in realtà legato al cupo scenario del colonialismo. Le malattie portate dai colonizzatori hanno decimato le popolazioni che si prendevano cura di questi animali con dedizione, impedendo di portare avanti attività tradizionali come la tessitura della lana canina. 

Gli anziani di Coast Salish raccontano episodi volti a estinguere l’identità culturale e l’autorità tra i sopravvissuti, includendo divieti imposti da autorità esterne sull’allevamento di questi animali.

Le implicazioni culturali

Le implicazioni culturali di questo studio sono profonde. I cani lanosi non erano semplicemente animali da compagnia, ma simboli di ricchezza e status all’interno delle tribù. Possedere un cane lanoso non solo significava godere dell’affetto di un amico peloso, ma anche di un potere economico, derivante dalla capacità di produrre tessuti pregiati.

Debra Sparrow, tessitrice della Musqueam Nation, riserva canadese, esprime il desiderio di riportare i cani lanosi nelle famiglie Coast Salish, ma pensare di clonare Mutton è impossibile. Dopo più di 160 anni dalla sua morte, il suo DNA risulta troppo degradato.

(Foto d’apertura: IPA)

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