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Capri, lanciata una petizione per salvare le caprette del Monte Solaro

Per loro c’è il concreto rischio di deportazione dopo che l’amministrazione comunale di Anacapri ha messo fuorilegge il pascolo libero. Secondo il Comune gli animali selvatici, ormai diventati un’attrazione turistica, minacciano la flora.

di Alessio Pagani

Rischiano di essere deportate altrove. Lontano da Capri e dalle pendici del Monte Solaro che ormai è casa loro. Sono le caprette selvatiche dell’isola, ormai diventate una vera e propria attrazione turistica. Questo, però, non è sufficiente a garantire loro un futuro da quelle parti. Anzi. La fama acquisita, infatti, non sembra proprio essere sufficiente. Anche se non hanno mai dato fastidio a nessuno.  

L’amministrazione di Anacapri, di fatto, le ha dichiarate fuorilegge. Lo ha messo nero su bianco con una ordinanza, la numero 9 del 13 aprile, che dispone il divieto di pascoli vaganti dei caprini su tutto il territorio comunale. Risultato? Tutte le capre senza identificativo (il chip all’orecchio) rinvenute a vagare libere e senza custodia, in particolare in località Cetrella e monte Solaro, saranno sottoposte a sequestro sanitario dal servizio dell’Asl Napoli 1 Centro. Con operazioni di cattura, contenimento, identificazione e trasporto in un ricovero da individuare. Al momento sembra esclusa la loro macellazione, ma non è chiaro dove e quando saranno spostate. 

Ecco perché da più parti si chiede una marcia indietro. Con tanto di petizione lanciata sul sito Change.org che chiede «di lasciare liberi questi animali sul Monte Solaro e di non portarle altrove». Piuttosto «meglio attivare un servizio veterinario di controllo e monitoraggio per la tutela della specie in modo da poterle lasciare libere tra le rocce dell’isola».  

Nel mirino, infatti, ci sono 75 esemplari, almeno secondo uno degli ultimi censimenti, che da anni pascolano senza dar fastidio a nessuno, eccezion fatta per le piante di cui si cibano. Da qui la scelta di trasferirle: prima dovrebbero essere raggruppate in un’area recintata, poi catturate e infine riportate sulla terraferma, «con il vincolo preciso di non macellazione», come chiarisce il Comune.  

Eppure c’è chi protesta, invocando misure alternative al trasferimento e ponendo l’accendo sul legame indissolubile che ormai si è creato tra l’isola e i suoi caprini. Mansuete, docili, probabilmente solo piuttosto voraci, sostengono i loro difensori, «sono un simbolo e come tale vanno protette, non deportate». E quanto ai ventilati danni alle piante ci sarebbe una soluzione: «Basterebbe istituire la figura di un pastore che provveda alla cura e al loro monitoraggio, nonché al controllo delle nascite e al foraggiamento dei caprini». 

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