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Astici sul ghiaccio vivi e con le chele legate: per la legge italiana non c’è reato

Assolto il ristoratore romano che nel 2019 era stato denunciato da una guardia zoofila per maltrattamento sugli animali.

di Silvia Stellacci

Conservare gli astici vivi nel ghiaccio e con le chele legate non è un reato secondo il Tribunale penale di Roma. L’imputato, un ristoratore 49enne di Campo de’ Fiori, è stato assolto dall’accusa di maltrattamento sugli animali, perché il fatto non sussiste.

Una sentenza sorprendente, anche perché arriva dopo un precedente giurisprudenziale del 2017 che andava in direzione completamente opposta. In quell’anno, un ristoratore di Campi Bisenzio venne condannato dalla Corte di Cassazione a pagare una multa di 5mila euro, proprio per aver esposto degli astici con le chele legate nel suo locale. In questo caso, invece, le cose sono andate diversamente. Cerchiamo di capire perché.

Il caso di Campo de’ Fiori

Tutto ha avuto inizio alla fine dell’estate del 2019, quando una coppia di turisti americani ha bussato alla porta del locale richiedendo un prelibato piatto di linguine all’astice. Il ristoratore romano, non avendo abitualmente questo crostaceo in dispensa a causa del costo elevato, ha fatto il possibile per accontentare i clienti contattando il fornitore.

Le chele degli astici erano già legate quando una guardia zoofila, durante un controllo, ha denunciato l’esercente sostenendo che gli astici, posti sul ghiaccio, erano in agonia. Il pubblico ufficiale ha poi insistito sul fatto che gli astici dovrebbero essere tenuti in acquari ed essere separati per evitare che si feriscano reciprocamente.

A sostenere l’accusa di maltrattamento sugli animali anche l’associazione AmiConiglio onlus, che si è costituita parte civile nel processo richiedendo 10mila euro di risarcimento al ristoratore.

Per sostenere la tesi secondo cui gli astici soffrono se legati e messi sul ghiaccio, è stato presentato anche uno studio del 2007 dell’Istituto Zooprofilattico della Lombardia e dell’Emilia Romagna, in cui si sottolinea che conservare i crostacei in questo modo «è assolutamente inappropriato sia come metodo anestetico che come metodo di stoccaggio».

Secondo l’ente, gli astici devono essere tenuti in acquari separati a una temperatura di 12 gradi e devono essere uccisi con un colpo secco in mezzo agli occhi, in modo da evitar loro qualsiasi sofferenza ulteriore.

C’è chi però la pensa diversamente. Il CeIRSA, centro per la sicurezza alimentare di Regione Piemonte e ASL di Torino, ritiene, ad esempio, che il parere dell’Istituto non debba essere applicato in modo automatico ed estensivo a qualsiasi caso. La sicurezza alimentare è infatti la prima a dover essere tutelata e, secondo il centro, conservare gli astici a temperature superiori a quelle del ghiaccio potrebbe far aumentare la loro carica batterica e comportare rischi per i consumatori. Un punto di vista che ha di certo contribuito all’assoluzione dell’imputato.

Il precedente giurisprudenziale: la sentenza della Corte di Cassazione

Nel 2017, però, la Corte Suprema di Cassazione aveva respinto il ricorso di un ristoratore di Campi Bisenzio condannandolo definitivamente per aver tenuto in una cella frigorifera degli astici vivi con le chele legate. La sentenza ha messo in luce come detenere i crostacei in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze violi l’articolo 727, comma II, del Codice penale, che punisce chiunque detiene animali in condizioni non adeguate al loro benessere.

(Foto d’apertura: IPA)

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