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Il microchip: perché è importante 

Perché vi permette di ritrovare il vostro peloso se si perde, perché scoraggia chi volesse portarvelo via, perché contiene dati importanti sulla sua salute. E poi per tutti i cani è obbligatorio, mentre per gatti e furetti… Leggete qui cos’è, come funziona e in cosa incorrete se non lo fate applicare al vostro quattrozampe. Tutto spiegato dal nostro veterinario.

di Francesca Garrone

Dal 1° gennaio del 2005 l’unico sistema identificativo nazionale per gli animali d’affezione è il microchip. Il microchip è un piccolo dispositivo elettronico dentro una capsula di vetro biocompatibile.

È lungo al massimo 10 mm e viene iniettato nel sottocute del collo, a sinistra, grazie a una apposita siringa sterile. Non provoca dolore al vostro animale ed è esente da effetti collaterali.

Contiene un codice di 15 numeri che possono essere letti con una apposita macchinetta ed è un vero documento identificativo, come la carta d’identità per gli umani. Permette di conoscere i dati del soggetto che lo possiede, i dati relativi al suo proprietario, il Paese di provenienza e la sua residenza.

Per il cane è obbligatorio e va inserito entro i 2 mesi di vita. Non è una scelta per il proprietario, ma un obbligo di legge passibile di sanzioni. Per il gatto è obbligatorio in caso di espatrio e, per ora limitatamente alla regione Lombardia dal 2020, lo è per i gatti adottati e per i nuovi nati.

Il microchip è obbligatorio anche per i furetti che devono essere portati all’estero. Per chi invece vuole tenere a casa delle specie non convenzionali, il mio consiglio è di informarsi sul suo inserimento o meno sulle linee guida in uso a livello internazionale.

Ma perché inserire il microchip negli animali è così importante?

L’introduzione di questa pratica ha portato diversi benefici per la salute e il benessere dei nostri amici a quattro zampe. Innanzi tutto aiuta i proprietari che hanno perso il loro adorato peloso a ritrovarlo. Chiunque trovasse in giro un cane libero e senza proprietario può infatti, portandolo da un veterinario o alla ASL di zona, risalire a chi appartenga e permettere il ricongiungimento.

Il microchip scoraggia poi l’abbandono, in quanto grazie ad esso si verrebbe subito scoperti. La lettura del microchip, inoltre, permette di vedere parte della storia clinica del cane utile per esempio per controllare se sia stato vaccinato contro la rabbia o no. Poi, non meno importante, permette ai proprietari che lo vogliono di portare il proprio amico in viaggio con sé quando la meta è al di fuori dell’Italia.

Per ultimo, ma non per importanza, il prezzo del microchip, anche se variabile da regione a regione e da un veterinario all’altro, è comunque contenuto e, in ogni caso, è una spesa che dovrete fare solo una volta nella loro vita.

(Foto d’apertura: IPA)

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Foto Francesca Garrone

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Francesca Garrone

Nata a Vigevano, si è laureata all’Università Statale di Milano in Medicina Veterinaria si trasferisce a Roma e inizia subito a svolgere attività libero professionale in diversi ambulatori. Approfondisce poi le sue conoscenze nel campo della dermatologia collaborando con rinomati specialisti del settore. Si appassiona alla materia e frequenta svariati corsi di aggiornamento, con particolare riferimento all’allergologia.
Dal 2005 è socia dell’ambulatorio “Veterinaria Trieste” di Roma, dove tuttora esercita la professione.
E’ autrice del libro “Prendiamo un cucciolo” (Cairo editore) scritto a quattro mani con la collega veterinaria e amica Chiara Giordano.
A parte il lavoro, il suo hobby del cuore è il giardinaggio.