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Tigri, pangolini e rinoceronti: lo scandalo ambientale dalle farmacie cinesi alle banche europee

Un rapporto dell’EIA denuncia l’uso di animali a rischio da parte di case farmaceutiche cinesi. A finanziarle sarebbero istituti di credito, da Londra a Berlino.

di Lorenzo Sangermano

Un’indagine condotta dall’Environmental Investigation Agency (EIA) del Regno Unito ha rivelato un allarmante utilizzo di parti di animali in via d’estinzione in almeno 88 prodotti della medicina tradizionale cinese. Secondo gli investigatori dell’agenzia, tre aziende farmaceutiche cinesi quotate in borsa sarebbero state individuate come colpevoli di utilizzare parti di animali a rischio come leopardi e pangolini, mettendo così in pericolo la sopravvivenza di queste specie.

Il rapporto rivela che le tracce degli esemplari, inclusi leopardi, pangolini, tigri e rinoceronti, sono state identificate in prodotti approvati e autorizzati dalla National Medical Products Administration of China. Ciò contravviene alle raccomandazioni degli accordi internazionali che mirano a proteggere la sopravvivenza di specie minacciate.

Avinash Basker, specialista legale e politico dell’EIA, ha dichiarato: «L’uso su scala industriale di animali altamente minacciati come leopardi, pangolini, rinoceronti e tigri nei prodotti della medicina tradizionale disattende le raccomandazioni della CITES e può solo avvicinare ulteriormente queste specie all’estinzione».

A essere rintracciati non sono stati solo i protagonisti, ma anche i loro finanziatori. Infatti il rapporto denuncia 62 istituti di credito bancario e finanziario che avrebbero investito in queste aziende farmaceutiche. Molti di questi sono allo stesso tempo firmatari dei Principi per l’Investimento Responsabile o membri dell’International Corporate Governance Network, entrambi impegnati nella salvaguardia della biodiversità e contro le estinzioni di specie.

Il rapporto sostiene che le banche coinvolte includono membri del Financial Taskforce di United for Wildlife (UfW), un’organizzazione lanciata per fermare il traffico di fauna selvatica. Alcune di queste banche sono membri dell’UfW, ma l’organizzazione non  c’entra: non sarebbe infatti stata a conoscenza dei loro investimenti in aziende coinvolte in pratiche dannose per la biodiversità.

Le conseguenze di questa vicenda non si limitano solo alla minaccia di estinzione per le specie coinvolte. L’indagine ha sollevato preoccupazioni sulle credenziali ambientali delle banche e delle istituzioni finanziarie coinvolte. Alcuni investitori hanno già agito, vendendo i fondi investiti nelle società sospettate, ma altre istituzioni sembrano mantenere i loro investimenti, ignorando le richieste delle agenzie ambientali.

Il governo cinese è ora chiamato a rispettare le raccomandazioni della CITES, proibendo l’uso di animali a rischio estinzione per tutti gli scopi commerciali nei suoi mercati interni. Finora però non ci sono state dichiarazioni ufficiali da parte delle autorità di Pechino.

Il rapporto sottolinea anche l’urgenza di un’azione internazionale per fermare il commercio e l’uso di specie minacciate in prodotti medicinali tradizionali. E il mondo finanziario è chiamato a rivolgere l’attenzione verso investimenti più responsabili, abbandonando le pratiche che alimentano la domanda per le parti di animali in via d’estinzione e danneggiano l’immagine globale della medicina tradizionale cinese.

(Foto d’apertura: IPA)

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