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Squali morti all’Isola d’Elba: per Legambiente sono «avvertimenti contro i sub»

Secondo la denuncia i pesci sono stati lasciati da alcuni pescatori che non sopportano le limitazioni alle loro attività e la promozione delle immersioni. E in Sardegna alcuni delfini sono uccisi e sfilettati per farne mosciame.

di Alessio Pagani

Squali uccisi e lasciati in uno dei luoghi dell’Isola d’Elba preferito dagli amanti delle immersioni. È quanto ha denunciato, nelle scorse ore, la sezione dell’Arcipelago Toscano di Legambiente. «Dallo scorso giugno sui fondali in zona Marciana Marina sono comparsi i corpi di alcune specie, come gattopardi e esalmobranchi, ma anche razze con addosso segni lasciati dall’attività di pesca», ha fatto sapere l’associazione ambientalista. «La sistematica scelta di noti punti di immersione e l’escalation osservata nell’ultimo ritrovamento, in cui i gattopardi erano anche legati con filo da palamito, fa pensare a un deliberato atto di disturbo nei confronti delle attività di immersione subacquea», proseguono da Legambiente. «Anche perché gli episodi sono cominciati probabilmente in seguito all’installazione delle boe per l’attività di immersioni, che consentono ai centri specializzati di ormeggiare senza dare fondo alle ancore, proteggendo così i fondali e limitando anche l’attività di pesca negli immediati dintorni». E sarebbero proprio alcuni pescatori i presunti autori dei macabri messaggi. «Siamo certi che questi “avvertimenti” provengano da un ridottissimo gruppo di persone che ancora pensano al mare come a una proprietà di cui possono disporre solo loro, e non come un bene comune che va gestito, conservato e valorizzato», prosegue la nota. Ma quello dell’Elba non è il solo gesto barbaro denunciato in questi giorni. Arriva, infatti, dalla Sardegna la notizia di alcuni delfini uccisi e sfilettati per farne mosciame. Un gravissimo caso di pesca di frodo – segnalato nella zona di Orosei, a Su Barone e alla Bidderosa – visto che ricavare il mosciame, ovvero filetto di pesce essiccato, dai cetacei è una pratica vietata dal 1989. «Quello che è successo è un vero e proprio crimine di natura», denuncia il WWF, «e dimostra come il commercio illegale della carne di delfino continui a essere un mercato clandestino fiorente e diffuso in molte aree del Mediterraneo». Per questo, concludono dall’organizzazione, «ci siamo già attivati, tramite il nostro ufficio legale, per supportare le indagini delle autorità mirate a individuare i responsabili».

(Foto: Legambiente Arcipelago Toscano)

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