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“Amici per sempre”, il libro dedicato ai cani della Shoah

Racconta le storie dei deportati e dei fedeli cani che non hanno mai smesso di aspettarli. Storie drammatiche che testimoniano la forza del legame tra uomini e animali.

di Alessio Pagani

Il 27 gennaio del 1945, le truppe sovietiche arrivarono per prime alla città polacca di Oświęcim (in tedesco Auschwitz), scoprendo il vicino campo di concentramento e liberandone i superstiti. L’apertura dei cancelli mostrò al mondo intero non solo i molti testimoni della tragedia, ma anche gli strumenti di tortura e di annientamento utilizzati dai nazisti. Per questo il 27 gennaio è diventata una ricorrenza internazionale per commemorare le vittime dell’Olocausto. E ricordare gli orrori.   

Mentre l’Europa, uno stato dopo l’altro, soccombeva alle forze naziste, non furono solo le vite di uomini e donne a venire distrutte. Moltissimi animali domestici, cani e gatti soprattutto, fino a quel momento compagni amati e fedeli dei loro amici umani, soffrirono le conseguenze delle deportazioni. Impauriti, soli, incapaci di accettare l’abbandono, eppure consapevoli che qualcosa di terribile stava accadendo ai membri della propria famiglia, gli animali sono stati le vittime collaterali della Shoah. Nei racconti di alcuni sopravvissuti all’Olocausto, molti dei quali erano solo bambini all’epoca, si intrecciano quegli eventi tragici con i ricordi dolci e nostalgici dei loro amati animali. Sono storie tristi o a lieto fine, che testimoniano la forza del legame tra uomini e animali.  

Le ha raccolte e trasformate in un libro, “Amici per sempre” (Piemme), Susan Bulanda, un’addestratrice di cani molto nota, docente di corsi per dog trainer e specialista del comportamento animale alla Kutztown University, in Pennsylvania. Per anni l’esperta ha messo annunci su giornali e riviste per cercare testimonianze, arrivando ad incontrare alcuni sopravvissuti dell’Olocausto, molti dei quali erano bambini all’epoca. Scoprendo così la loro volontà di ricordare proprio i loro animali. Nel libro, le testimonianze dei sopravvissuti, i ricordi dei loro compagni di vita che gli furono strappati senza che ne potessero comprendere il motivo, offrono un’ulteriore chiave di lettura alle sofferenze patite dalle vittime delle deportazioni.   

Storie per la maggior parte tragiche visto che la gran parte di quegli animali finì per morire di fame, cercando di tornare alle case ormai vuote e rifiutando di spostarsi. Non mancano però i “miracoli”. Come quello che ha vissuto Nicolas, un bellissimo esemplare di bulldog francese, riuscito a salvarsi perché un’associazione di Marsiglia decise che era importante non eliminare i cani di razza, affinché sopravvivessero alla guerra. La sua padrona, Yvonne Rothschild Krug, prima di essere deportata ad Auschwitz, riuscì così ad affidare Nicolas a un soldato tedesco. Grazie alla sua prestanza, il cane fu adottato dalla divisione, fino a quando alla fine della guerra i soldati furono costretti a ritirarsi e abbandonarono Nicolas a 160 chilometri da casa. Fu trovato da una famiglia di Nizza, che riuscì a rintracciare la proprietaria grazie alla targhetta che il quattro zampe aveva conservato al collo. Insieme, poi, si trasferirono a Holliywood, dove Nicolas divenne una vera e propria celebrità.  

(Foto d’apertura: edizpiemme.it)

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