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Una nuova vita per i San Bernardo 

Finita l’epopea dei soccorsi in montagna, ora questi grossi cani vengono impegnati in attività di pet therapy. E in Svizzera, alla Fondazione Barry di Martigny, prosegue la tutela di questa razza.

di Alessio Pagani

Gli ultimi sette cuccioli sono nati lo scorso 31 luglio. Quando la femmina di San Bernardo “Edène du Grand St. Bernard” è diventata mamma per la prima volta di ben cinque femminucce e due maschietti. È questo l’ultimo parto registrato alla Fondazione Barry di Martigny, comune svizzero del Canton Vallese. Nata nel 2005, questa istituzione cinofila ha assunto la gestione dell’allevamento di questi famosi cani direttamente dalla Casa di accoglienza del San Bernardo, dando continuità a una storia lunga oltre 300 anni, con uno scopo preciso: «Assicurare la sopravvivenza dei famosi e leggendari cani del Gran San Bernardo grazie a un allevamento che si basi su nozioni etiche e scientifiche».

Attualmente la Fondazione possiede 27 femmine e 5 maschi, cui si sono aggiunti gli ultimi 7 cuccioli. Tutti in splendida forma, avranno nomi che iniziano con la lettera “M”, che al momento, però, non sono ancora stati decisi. Di sicuro, una volta svezzati, saranno venduti a famiglie o utilizzati per attività sociali in case per anziani o in scuole. Le missioni in montagna non sono invece più di attualità. A lungo utilizzato per accompagnare i viaggiatori e soprattutto per ritrovare e salvare i dispersi nella neve e nella nebbia, il San Bernardo – con il caratteristico bariletto di legno al collo – è entrato nell’immaginario collettivo come cane da soccorso. In realtà, però, non è mai stata quella la sua vera vocazione. All’epoca, infatti, i cani intervenivano solo attorno all’ospizio del Gran San Bernardo, dove vivevano, e servivano anche a sostenere gli uomini in attività legate al trasporto. Ma, con l’avvento dei soccorsi moderni, sono stati ufficialmente pensionati.

Determinante è stato l’utilizzo degli elicotteri, e il ricorso a razze più leggere e prestanti fisicamente. Serve, infatti, un cane da poter tenere in braccio per farlo entrare nell’elicottero: labrador, pastori tedeschi, pastori belga e golden retriever sono per questo aspetto più efficienti. Ecco perché ormai da decenni i cani della Fondazione Barry sono formati nel settore della pet therapy. Le loro dimensioni importanti, con un peso che si aggira intorno agli 80 chilogrammi, lì non sono un ostacolo. E il loro carattere è sicuramente adatto per interagire con persone disabili o anziane, ma anche per attività pedagogiche o terapeutiche. «Questa è la loro nuova missione», concludono dalla Fondazione, «e riscuote un successo enorme». 

(Foto d’apertura: @fondationbarry)

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