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Sos elefanti in Africa. Oggi è la loro giornata mondiale ma crescono le minacce

La distruzione dell’habitat e il bracconaggio ne mettono a rischio la sopravvivenza. Per la corsa alle loro zanne ne vengono uccisi 20mila l’anno. Ma ora grazie alle nuove tecnologie si punta a salvaguardare gli ultimi 415mila pachidermi.

di Alessio Pagani

Sono “giardinieri”, “ingegneri” e “amici del clima”. Eppure ogni anno uomini senza scrupoli ne abbattono circa 20mila esemplari. Colpa di un’assurda caccia alle loro zanne. Anche per questa ragione, cui si aggiunge la perdita di habitat, l’elefante di savana e quello di foresta hanno subìto un drammatico declino negli ultimi decenni. Eppure gli elefanti non solo svolgono un ruolo chiave nell’economia di diverse nazioni e nell’immaginario collettivo di moltissime persone in tutto il mondo, ma ricoprono soprattutto un’importanza fondamentale per gli ecosistemi. Il 12 agosto è la Giornata mondiale dedicata a questi giganti, veri e propri “seminatori”. Non solo, infatti, disperdono e aiutano la germinazione di molte piante, mangiando più di cento frutti di alberi differenti, e permettono la diffusione di specie arbustive arboree in ambienti aridi come quelli della savana, ma sono anche dei potenti bulldozer in quanto calpestano cespugli, abbattono alberi e creano sentieri e radure. La loro azione facilita la presenza di alberi a crescita lenta con alta densità di legno, che sequestrano più carbonio dall’atmosfera rispetto alle specie di alberi a crescita rapida, il cibo preferito dagli elefanti. Inoltre con la loro azione da “ingegneri” modificano l’ambiente, creando spazi e habitat idonei alla presenza di molte altre specie. Non tutti sanno poi che in Africa esistono due specie di elefante: il più famoso elefante di savana (Loxodonta africana) e il meno conosciuto e di dimensioni ridotte, elefante di foresta (Loxodonta cyclotis). Entrambe sono state valutate separatamente dalla IUCN nella “Red List” delle specie minacciate di estinzione per la prima volta nel 2021. In precedenza le due specie venivano considerate come una sola, classificata come “vulnerabile”. Oggi l’elefante di savana è classificato come “in pericolo” e l’elefante di foresta risulta addirittura in “pericolo critico”, ovvero con elevato rischio di estinzione a breve termine.

«Il numero di pachidermi di entrambe le specie nel continente africano», sottolineano dal WWF, «è drasticamente diminuito: dai 12 milioni stimati circa un secolo fa ai 415.000 individui riportati nell’ultimo censimento su larga scala». Colpa di diversi fattori, dagli effetti della crisi climatica, con il conseguente aumento delle ondate di caldo e siccità che provocano la scomparsa di grandi aree umide e la necessità di sempre più grandi spostamenti per trovare acqua, al bracconaggio. È proprio questa la causa principale del declino di entrambe le specie di elefanti africani.

«Nonostante queste tendenze allarmanti», evidenziano però dal WWF, «gli studi dimostrano che gli sforzi di conservazione in alcuni contesti si stanno dimostrando efficaci. La lotta al bracconaggio e una pianificazione territoriale migliore, che promuova la coesistenza uomo-fauna, sono la chiave per la loro conservazione». Più facile grazie anche alla tecnologia. Recentemente, infatti, un gruppo di ricerca delle università di Bath, Oxford e Twente ha brevettato un algoritmo che potrebbe essere in grado di supportare al meglio le azioni di salvaguardia. Il programma permette a un satellite di scansionare ampi territori in brevi periodi di tempo e raccogliere molto materiale fotografico. Così migliorano il monitoraggio, i censimenti e la lotta a eventuali azioni di bracconaggio.

(Foto d’apertura: Foto: Lara Zanarini – WWF Sweden)

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