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Re Carlo vende 12 cavalli della madre Elisabetta 

Tra i purosangue messi sul mercato c’è anche Love Affairs, l’ultimo a regalare una grande soddisfazione alla regina vincendo a Goodwood due giorni prima della sua scomparsa.

di Alessio Pagani

Non è ancora stato incoronato ufficialmente, perché questo avverrà soltanto il prossimo il 6 maggio, ma Carlo III si comporta già a tutti gli effetti come il re d’Inghilterra. Al punto da prendere anche decisioni parecchio scomode che toccano proprio gli affetti più cari della scomparsa Elisabetta. Il re, infatti, ha deciso di vendere parte degli amati cavalli posseduti direttamente dalla madre: 12 esemplari ereditati dalle sue scuderie saranno, infatti, messi all’asta entro un mese. Lo riporta il “Sunday Mail” sottolineando che tra loro c’è anche Love Affairs, l’ultimo a regalare una grande soddisfazione alla regina vincendo a Goodwood due giorni prima della scomparsa della sovrana. La regina, ricorda il tabloid inglese, possedeva diversi purosangue e solo quest’anno 37 dei suoi cavalli hanno gareggiato negli ippodromi del Regno Unito.

Passione, quella per l’ippica, evidentemente non granché condivisa da Carlo III, che si vuole liberare di circa un terzo dei campioni in suo possesso. Una fonte vicina agli ambienti ippici ha fatto sapere che grande interesse per l’asta si sta registrando «da parte di sceicchi e membri delle famiglie reali arabe, particolarmente desiderosi di acquistare e rivendicare così un collegamento con la Regina». L’obiettivo del nuovo corso reale sembra dunque quello di ridurre il numero di esemplari presenti nelle scuderie. Anche se, assicurano sempre ai tabloid fonti vicine alla famiglia reale, «il legame tra la corona e l’industria delle corse di cavalli continuerà e il desiderio è di proseguire con le tradizioni e le connessioni con Royal Ascot, ma in misura minore di quanto faceva la Regina, grande appassionata delle corse».

Sembra, invece, segnato il destino dell’attività di allevamento della scuderia Royal Sandringham nel Norfolk: concluderà le proprie attività commerciali «nel giro di tre anni, trasformandosi in una sorta di museo».  

(Foto d’apertura: Ipa)

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