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Gli animali che riescono a congelarsi per resistere al freddo  

Tra quelli più sorprendenti c’è la rana di legno: non appena le temperature calano, si rintanano tra le foglie e si lasciano ibernare. Un “trucco” di sopravvivenza usato anche da molte larve di insetti.

di Redazione

Il suo nome scientifico è rana sylvatica, ma è comunemente nota come rana di legno. Deve il soprannome alla sua capacità di immobilizzarsi fino a congelare. È il suo sistema per sopravvivere alle temperature bassissime della regione artica in cui ha il suo habitat.

Stando alle ricerche compiute da Don Larson dell’University of Alaska, questo tipo di animale trascorre gran parte della vita “congelato” per superare al meglio l’inverno. Vive, di fatto, in un territorio, l’Alaska, dove durante la brutta stagione le temperature calano in picchiata, rendendo praticamente impossibile la vita normale a gran parte delle creature che abitano a quelle latitudini. Così la rana di legno, quando arriva il freddo, cerca un rifugio sottoterra e cade in una sorta di stato simile all’ibernazione. Cuore e respiro si fermano, il sangue smette di scorrere.

Quel che conta è che la temperatura non si abbassi oltre i 20 gradi sottozero. I cristalli di ghiaccio possono fermarsi nel sangue e nella linfa, ma non nelle cellule dove provocherebbero danni irreversibili. Il segreto è l’elevata quota di glucosio nel sangue, una sorta di antigelo per gli organi vitali.

Questo però non è l’unico modo con cui gli animali possono congelarsi: secondo una ricerca pubblicata sulla rivista “Science of the Total Environment”, i piccoli di tartaruga palustre dipinta si congelano e, parallelamente, mutano il loro metabolismo in un modo da avere bisogno di molto meno glucosio rispetto alla tecnica della Rana sylvatica. E da adulti, invece di congelarsi possono sostanzialmente trattenere il respiro: si ibernano sott’acqua nel fango, dove riescono a sopravvivere fino a quattro mesi senza respirare.  

Ci sono poi diverse specie di insetti che, per resistere alle temperature più rigide, utilizzano sistemi analoghi. Come le larve di Eurosta solidaginis che congelano raggiungendo lo stato solido in inverno, quando le temperature scendono sotto lo zero, e si scongelano quando torna il caldo.

E poi ci sono i tardigradi che si disidratano completamente nell’attesa della primavera. Questi microscopici invertebrati, che abitano gli ambienti più estremi della Terra, hanno trovato un modo ingegnoso per impedire che l’acqua presente nelle proprie cellule congeli: semplicemente la espellono. E altrettanto rapidamente, poi, riescono a riprendersi quando le condizioni ambientali sono favorevoli. Basta loro entrare in contatto con l’acqua per reidratarsi e tornare in vita.   

(Foto d’apertura: @iowanaturalist)

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