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Polpi, è guerra al primo allevamento intensivo  

Diverse organizzazioni non governative stanno facendo pressioni sull’Unione europea, perché si opponga alla realizzazione del progetto, definito «crudele e preoccupante a livello ambientale».

di Redazione

Da una parte c’è l’azienda spagnola Nueva pescanova, al lavoro da tempo per realizzare un enorme allevamento da circa un milione di polpi nel porto di Las Palmas, a Gran Canaria. Una struttura che dovrebbe fornire circa 3mila tonnellate di carne di cefalopode ogni anno, destinata al consumo alimentare umano. Dall’altra di sono due organizzazioni non governative stanno facendo pressioni sull’Unione europea, perché si opponga alla realizzazione di questa struttura. Eurogroup for animals e Compassion in world farming, infatti, hanno denunciato il progetto come «crudele e preoccupante a livello ambientale».    

Per le organizzazioni, il progetto di Nueva Pescanova è “estremamente preoccupante, sia dal punto di vista del benessere degli animali, sia da quello ambientale” e per questo hanno richiesto alle autorità spagnole ed europee di impedirne la realizzazione, per evitare inutili sofferenze a queste creature.  

All’origine delle proteste c’è anche uno studio scientifico – denominato Uncovering the horrific reality of octopus farming,- che racconta particolari tutt’altro che piacevoli sull’allevamento. All’interno, infatti, i polpi sarebbero ammassati in vasche sovraffollate e sterili, con 10 o 15 animali per metro cubo di acqua, situazione che incoraggerebbe l’aggressività e persino il cannibalismo, vista la natura solitaria dei polpi. Il sovraffollamento potrebbe anche aumentare i rischi di mortalità e la diffusione di malattie.  

Ulteriore stress verrà causato dall’esposizione alla luce artificiale per 24 ore su 24, una strategia usata per aumentare la produzione, ma che va contro le normali condizioni di vita di questi cefalopodi, che prediligono ambienti bui. Nel mirino delle organizzazioni animaliste anche il metodo di macellazione scelto dalla compagnia: la pratica di immergere i polpi ancora vivi e coscienti, senza essere precedentemente storditi, in una soluzione di acqua ghiacciata saturata con biossido di carbonio. Pratica che causerebbe loro sofferenze prolungate.  

Infine, i polpi crescerebbero in un edificio e quindi non in mare, consumando moltissima energia. Rendendo decisamente poco sostenibile questo progetto. Questi animali, poi, rilasciano grandi quantità di derivati dell’azoto e del fosforo che, nonostante il filtraggio delle acque reflue, potrebbero contaminare il mare attorno a Las Palmas. Ecco perché, in attesa dell’apertura, le proteste continuano con un solo obiettivo: fermare il progetto.  

(Foto d’apertura: IPA)

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