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L’Italia non è un Paese per cani e gatti

Anagrafi e regolamenti carenti, un rischio anche per la trasmissione di malattie. I casi virtuosi però esistono: in testa alla classifica Prato, Modena e Verona.

di Redazione

Tra cani, gatti, pesci, uccelli e rettili gli animali domestici in Italia, arrivati a superare quota 62 milioni, sono più delle persone. Il Paese, però, è ancora decisamente carente nell’assicurare a queste creature servizi e controlli adeguati a garantire la salute pubblica e il benessere. La conferma arriva da uno studio di Legambiente, «Animali in città», che raccoglie dati e informazioni fornite da Comuni e Aziende sanitarie. Quella che emerge, dunque, è la necessità di colmare le carenze esistenti. In pratica, solo una amministrazione comunale su tre raggiunge la sufficienza nella classifica stilata e meno del 30% conosce il numero esatto degli iscritti all’anagrafe canina, l’unica obbligatoria e ad oggi esistente. È solo del 37,4% la quota di amministrazioni che si è dotata di un regolamento per la corretta detenzione degli animali all’interno nelle aree urbane.   

«Con la modifica dell’articolo 9 della Costituzione, la tutela degli animali è entrata a far parte dei principi costituzionali dello Stato: un passo importante per la difesa del loro benessere ma anche per la salute umana», ha spiegato Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente. «In Italia però c’è ancora molto da fare, a partire dall’attivazione dell’anagrafe unica nazionale obbligatoria per tutte le specie animali in cui convoglieranno le informazioni delle banche dati regionali. Siamo in attesa di conoscere il testo del decreto del Ministro della salute che dovrebbe essere adottato a breve. Ma si deve accelerare al più presto».   

Tra le criticità spicca il problema del controllo demografico e quello della prevenzione del randagismo tramite la sterilizzazione delle popolazioni, di proprietà o senza famiglia, di cani e gatti: meno della metà delle Aziende sanitarie, il 47,6% del campione, dichiara di effettuare azioni a riguardo. Nel 2021 si contano appena 4.307 cani e 19.595 gatti complessivamente sterilizzati. Si pensi che, solo nel 2021, il numero dei cani entrati ufficialmente nei canili sanitari è di 30.595, mentre la cifra dei gatti dichiarati in ingresso nei gattili sanitari è 16.259 e quelli presenti nelle colonie feline sono 338.985 (di cui quasi il 50% dichiarato non sterilizzato). Meglio le politiche sui cani vaganti, scappati o randagi: secondo il sondaggio del cigno verde, nei Comuni, nel 2021 in media ogni 10 cani catturati 9 hanno trovato felice soluzione tra quelli restituiti ai proprietari, quelli dati in adozione o reimmessi come cani liberi controllati.   

«Questo quadro rimarca l’urgenza di investimenti preventivi basati su una visione e una strategia condivise, fondata sulla cooperazione, tra i diversi attori istituzionali e sociali responsabili di questi aspetti: Governo, Regioni, Amministrazioni comunali, associazioni e cittadini», ha dichiarato Antonino Morabito, responsabile nazionale Cites, Fauna e Benessere animale di Legambiente . «Occorre superare le attuali criticità, che vedono involontari protagonisti gli altri animali, accrescere la consapevolezza nei cittadini delle conseguenze sanitarie, ambientali, sociali ed economiche dei diversi comportamenti possibili,specie nella cosiddetta “era delle crisi, comprese le pandemie”, che ha visto e vedrà aumentare il disagio socioeconomico di parte importante della popolazione italiana».   

Non mancano però esperienze che funzionano. E per riconoscere le buone pratiche, Legambiente ha istituito il premio «Animali in città» assegnato ogni anno ai Comuni e alle Aziende sanitarie con le performance migliori, in base a una serie di indicatori. Per il 2022 il podio della classifica generale è composto, in ordine di piazzamento, dai Comuni di Prato, Modena e Verona e dalle Aziende sanitarie della Montagna di Sondrio, in Lombardia, Ausl Toscana Centro e Ats di Brescia.   

(Foto d’apertura: IPA)

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