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Le api della regina Elisabetta “informate” della sua scomparsa

L’apicoltore di palazzo, John Chapple, ha tenuto fede all’antica tradizione: bussando dolcemente sugli alveari ha “raccontato” alle colonie di api della scomparsa di Sua Maestà. Perché si dice che questi insetti, se non vengono ragguagliati, «non producono più miele».

di Alessio Pagani

«La regina Elisabetta è passata a miglior vita, ma non temete, avranno cura di voi». Così la scomparsa della sovrana britannica, avvenuta lo scorso 8 settembre, è stata “annunciata” a una piccola porzione molto particolare del suo regno: i sette alveari custoditi a Clarence House (dove abitano re Carlo e la regina consorte Camilla) e a Buckingham Palace. A portare la notizia è stato John Chapple, l’apicoltore di Palazzo che, nonostante i suoi 79 anni, continua a occuparsi delle attività apistiche della famiglia Windsor. Quella che agli occhi dei profani può sembrare un’azione strampalata è, invece, parte integrante dell’allevamento di questi insetti impollinatori.

La tradizione (e la superstizione) alquanto curiosa di “raccontare alle api” una morte in famiglia fa parte, infatti, del folklore rurale da secoli. «È consuetudine dopo la morte di un membro della famiglia andare davanti agli alveari e recitare una piccola preghiera. Poi si posa un nastro nero sulle arnie», ha sottolineato Chapple. Che ha compiuto l’azione in entrambi i luoghi dove sono collocati gli alveari reali. «Si bussa su ogni casetta e si dice: “La padrona è morta, ma non andare. Il tuo nuovo padrone sarà buono con te”». Secondo la credenza popolare, infatti, soltanto se vengono messe a parte dell’evento familiare e rassicurate sul proprio futuro, le api continueranno a produrre il prezioso miele.

Funziona così da centinaia di anni, visto che questa usanza sembra avere origine nella mitologia celtica, secondo cui le api erano intermediari tra il nostro mondo e quello degli spiriti. Per questo, sia che si tratti di una nascita, di una morte o di un matrimonio, le api dovevano ascoltare il racconto di tutti gli episodi importanti nella vita del loro custode. Agli albori di questa attività, infatti, il legame tra uomo e alveari era strettissimo e, secondo i primi codici del mestiere, questi insetti meritavano di essere trattati come familiari e poter piangere quando qualcuno moriva. Anche la regina Elisabetta II, del resto, si intendeva di apicoltura. E fu sua la decisione di iniziare l’allevamento di api nei parchi dei suoi palazzi. Secondo i racconti dello staff, poi, gli chef della famiglia reale usano il miele raccolto dalle loro arnie in cucina e vendono quello avanzato per raccogliere fondi da destinare a enti di beneficenza.

(Foto d’apertura: IPA)

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