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La Russia schiera delfini soldato contro l’Ucraina

Il compito di questi cetacei è quello di proteggere la base di Sebastopoli, nel mar Nero, dalle incursioni di Kiev.

di Alessio Pagani

Il compito di questi cetacei è quello di proteggere la base di Sebastopoli, nel mar Nero, dalle incursioni di Kiev.

Delfini da guerra schierati nelle acque del Golfo di Crimea. Sono quelli che la Russia, nel corso della sua offensiva contro Kiev, ha dispiegato a protezione della propria base navale di Sebastopoli. Una serie di immagini satellitari del porto militare lasciano, infatti, pensare che il Cremlino stia usando anche questi cetacei addestrati nella guerra contro l’Ucraina. Probabilmente come forma di protezione dalle intrusioni nemiche. Il segreto in questi casi è massimo, ma i sospetti dell’Istituto navale degli Stati Uniti (Usni) vanno proprio in questa direzione. Tra le prove principali, soprattutto, quelli che sembrano essere due recinti per delfini posizionati all’ingresso della principale base russa nel Mar Nero. Secondo gli analisti dell’Usni, infatti, le due strutture subacquee sembrano identiche a quelle che la Russia aveva allestito nel 2018 a Tartus, in Siria, dove la presenza in acqua dei mammiferi marini addestrati era stata confermata. E il motivo è presto spiegato: se da un lato le navi nel porto militare sono fuori dalla portata dei missili ucraini, dall’altro rimangono vulnerabili ad attacchi subacquei. E il compito dei delfini è proprio questo: pattugliare il tratto di mare per prevenire gli attacchi da parte dei sommozzatori. È noto da tempo, del resto, che la Russia – come anche gli Usa e Israele – abbia un programma militare di addestramento per foche e cetacei con l’obiettivo di insegnare agli animali a cercare mine sui fondali o a svolgere altri compiti di vigilanza.

Potendo raggiungere grandi profondità e grazie alla loro naturale capacità di ecolocalizzazione (in pratica una sorta di precisissimo sonar biologico) sono, infatti, molto efficaci nel trovare oggetti sott’acqua. Operazioni, queste, quasi sempre coperte da segreto militare. Che, solo con il passare degli anni, vengono rese note. Così, ormai non è più un mistero, che proprio i delfini siano stati determinanti, nel 2003, per sminare il porto iracheno di Umm Qasr nel corso della seconda Guerra del Golfo. Kahili, Kona, Punani e Jefe – questi i nomi dei cetacei a stelle e strisce – per oltre una settimana avevano scandagliato i fondali e segnalato la presenza di decine di ordigni piazzati dagli iracheni sotto la superficie marina. Missione che senza di loro non avrebbe potuto essere compiuta. Anche per questo non si era badato a spese per trasferirli sul campo dalla loro base in California. Erano stati trasportati nel Golfo, infatti, a bordo di giganteschi aerei C-5 che impiegarono 28 ore per giungere alla loro destinazione. I mammiferi erano posizionati in piscine speciali proprio per rendere il trasferimento il meno stressante possibile. In grado di essere equipaggiati con telecamere e sensori potrebbero, oggi, essere sfruttati anche per operazioni di spionaggio o missioni offensive. Ma, al momento, non esistono conferme ufficiali.

Pare accertato, invece, che la guerra non faccia bene ai mammiferi marini più “comuni”. Questo perché il Mar Nero, dall’inizio dell’offensiva di Mosca, vede la presenza sempre più massiccia di navi da guerra russe che pattugliano le coste e proprio su questi litorali vengono rinvenuti moltissimi delfini morti. La causa, secondo Ivan Rusev, ricercatore ucraino del National Nature Park “Tuzlivski Iymany”, e l’associazione animalista UAnimals, sarebbe da ricercare nei sistemi sonar utilizzati dalle navi del Cremlino. «I delfini che finiscono nel raggio dei dispositivi di navigazione delle navi da guerra russe», spiegano, «subiscono danni all’udito e questa è per loro una condanna a morte».

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