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La caravella portoghese e le altre insidie dei mari italiani. Come intervenire in caso di contatto

Crescono gli avvistamenti del temibile sifonoforo, ovvero una sorta di colonia galleggiante di polpi velenosi, ma questo non è il solo pericolo. Attenzione anche a meduse, tracine e ricci di mare.

di Alessio Pagani

C’è un’insidia in più nei mari italiani e risponde al nome di caravella portoghese, una delle specie marine più pericolose per i bagnanti. Una presenza rara solitamente, ma segnalata nel giro di pochi giorni già diverse volte: prima al largo della Sardegna, poi nel mare davanti alla costa di Villa San Giovanni, in provincia di Reggio Calabria, e ancora in Sicilia, nel tratto di mare che circonda le isole dei Ciclopi, vicino a Catania. È lì che questo particolare organismo ha ferito, con i suoi lunghi tentacoli velenosi e urticanti, una bagnante di 68 anni. Per lei, dopo il contatto, si è reso necessario un periodo di osservazione all’ospedale policlinico San Marco di Catania. La donna, affetta da problemi cardiaci, ha avuto una reazione molto seria: mal di testa, vomito, affaticamento e difficoltà respiratorie. Sintomi che sono stati superati nell’arco di 48 ore, con le conseguenti dimissioni della paziente. Resta, però, specialmente tra Sicilia e Sardegna, il rischio di un possibile incontro ravvicinato.

Una colonia di polipi

D’aspetto la caravella portoghese è simile a una medusa, ma non lo è. In realtà è un sifonoforo nato dall’unione di quattro diversi organismi detti zooidi: si tratta di piccoli polipi, collegati tra loro e che funzionano come singoli organi. Uno di loro contiene e produce il gas che tiene a galla una sorta di sacca, che consente all’organismo di muoversi sfruttando il vento. La sacca, che può essere gonfiata e sgonfiata, è proprio all’origine del nome di questo bizzarro animale: spinta dal vento ricorda appunto una caravella a vele spiegate. Poi ci sono i tentacoli che restano al di sotto della superficie dell’acqua, che grazie al veleno – tossico anche per l’uomo – hanno il compito di stordire e catturare le prede, come i piccoli pesci che riescono a intercettare. Qui entrano in azione i polipi deputati alla digestione e quelli necessari alla riproduzione. La sua forma è quella di un piccolo palloncino galleggiante di circa 10 – 20 centimetri, mentre i tentacoli possono raggiungere anche i 30 metri di lunghezza, anche se generalmente si attestano sui 10 – 15 metri. Diffusa tra Oceano Atlantico e Indiano, la caravella arriva nel mar Mediterraneo dallo Stretto di Gibilterra e riesce a spingersi fino a Sicilia e Sardegna.

Meduse e tracine

Più frequente, nei nostri mari, è la possibilità di imbattersi in meduse e tracine. Occorre dunque prestare attenzione quando si è in acqua: le meduse possono colpire tutto il corpo con i loro tentacoli. L’irritazione della pelle è dovuta al contatto con la sostanza urticante che viene rilasciata dall’apertura delle vescicole. Le tracine, invece, sono pesci (detti anche pesci ragno) che si nascondono sotto la sabbia e che dunque spesso vengono calpestati. Hanno aculei piuttosto appuntiti e iniettano un veleno potente. «Capestare una tracina provoca un dolore violento e quasi insopportabile, soprattutto per i più piccoli», sottolineano dall’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano, alle porte di Milano, che ha messo a disposizione sul suo portare alcune schede informative. «Il contatto avviene in genere con i piedi e il dolore può estendersi a tutta la gamba, con la pelle che si irrita e si gonfia. Appena venuti a contatto con una medusa, invece, si avverte una sensazione di dolore bruciante, la cui durata è piuttosto variabile. Può poi manifestarsi sulla zona colpita una reazione cutanea simile all’orticaria. Ma è possibile anche un quadro clinico più serio caratterizzato da problemi respiratori, eruzioni cutanee, pallore, mal di testa, nausea e stato confusionale».

Come agire in caso di puntura o contatto

Ecco perché è importante mantenere la calma e sapere come agire. «Nel caso di ferita da tracina è consigliabile tenere ferma e tranquilla la persona colpita ed eventualmente somministrare un antidolorifico. E se subentrano difficoltà a respirare o un calo di pressione», aggiungono dall’Humanitas, «è necessario recarsi in Pronto soccorso al più presto». Se si entra a contatto con una medusa invece è consigliabile «lavare la zona colpita con acqua di mare». Mai usare ammoniaca, aceto, alcol e soprattutto acqua dolce che potrebbe determinare l’esplosione di vescicole residue sulla pelle. Per questo «è utile procedere alla rimozione dei residui di filamenti aiutandosi con una carta plastificata, tipo carta di credito o tessera fedeltà di un negozio, per evitare che si rompano rilasciando ulteriore sostanza urticante, e applicare poi prodotti specifici, facilmente reperibili in farmacia». In caso di sintomi più generalizzati, invece, è consigliabile recarsi subito in ospedale.

(Foto: IPA)

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