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I maghi del travestimento: il mimetismo animale

Sanno rendersi invisibili oppure fingere di essere quello che non sono. Per proteggersi o predare. Ecco quali sono le specie migliori

di Alessio Pagani

Sanno rendersi invisibili oppure fingere di essere quello che non sono. Per proteggersi o predare. Ecco quali sono le specie più abili nel camuffamento.

Difendersi o predare. Proteggere la propria vita o lottare per la sopravvivenza. Sono questi i motivi che spingono gli animali, perlomeno quelli che ne sono capaci, a mimetizzarsi. Alcuni con abilità straordinarie, altri appena sufficienti. L’importante, però, è che funzioni.

Il più abile di tutti: il polpo mimetico

Il campione mondiale di mimetismo è per distacco un mollusco. Il suo nome scientifico è Thaumoctopus mimicus, ma tutti lo chiamano polpo mimetico. E il motivo è presto spiegato: questo animale, scoperto una ventina di anni orsono, è un autentico prodigio del camuffamento. Abita le acque calde dell’Asia tropicale e la sua specialità è quella di sapersi confondere come nessuno. Riesce, infatti, a imitare alla perfezione sia l’aspetto fisico sia i movimenti di oltre una decina di altre creature marine, tra cui serpenti di mare, murene, pesci leone, sogliole, lumache, ma anche meduse e granchi giganti. Ne riproduce forme e colori per ingannare i potenziali predatori e sfuggire a ogni agguato. Un trasformista senza rivali, sceglie infatti cosa impersonare in base all’avversario che si trova davanti.

Il mimetismo criptico

Esistono, però, diversi tipi di mimetismo. Il più comune è senz’altro quello che gli esperti definiscono “criptico”. Riguarda tutti quegli animali che sono in grado di confondersi con l’ambiente in cui vivono, imitandone colori e forme. Tra i mammiferi i maggiori esponenti di questa categoria sono la volpe artica, con la sua pelliccia bianca che la rende praticamente invisibile su uno sfondo innevato, e il leopardo delle nevi. Questo grosso felino, che vive nelle aree rocciose e montane dell’Himalaya e del Tibet, è soprannominato il “fantasma delle montagne” proprio per le sue abilità. È, infatti, un artista della mimetizzazione: grazie ai colori del suo mantello riesce a scomparire tra le rocce o in mezzo alla neve per non farsi scoprire da occhi indiscreti e soprattutto dalle sue prede.

Anche il cavalluccio marino pigmeo non se la cava male nei travestimenti: diffuso nelle acque dal Sudest asiatico fino all’Australia, è stato talmente bravo nel rendersi invisibile da venire scoperto, per una casualità, solo negli Anni 70. Quando un individuo è stato trovato accidentalmente appoggiato a un esemplare di gorgonia raccolto per l’acquario di Noumea in Nuova Caledonia.  Oltre a essere minuscolo (è lungo al massimo 2 cm), questo pesce ha infatti il corpo cosparso di tubercoli rossi che lo rendono del tutto simile alle gorgonie, su cui vive. Pressoché invisibile potrebbe risultate anche la seppia, altra maestra del confondersi con il fondale marino. Questa strategia viene utilizzata dall’animale non solo per nascondersi dai predatori, ma anche per tendere agguati alle sue prede, principalmente in granchi, piccoli pesci e alcuni molluschi. Il mollusco, infatti, è in grado di cambiare colore in pochissimi istanti, in funzione dell’ambiente in cui si trova. Per farlo ricorre a particolari cellule contenenti pigmenti, dette cromatofori, che sono sotto il controllo del sistema nervoso. In alcune specie, durante la riproduzione, il maschio è addirittura in grado di “camuffarsi” assumendo il colore e le sembianze della femmina in modo da confondere i concorrenti riuscendo ad accoppiarsi indisturbato.

Tra i volatili, i primi della categoria sono, senza dubbio, il gufo e il succiacapre. Il primo, un rapace notturno, eccelle per le sue capacità mimetiche. Le sue piume, oltre a fondersi con l’ambiente, possono, infatti, gonfiare o sgonfiare a piacimento il busto, aiutandolo ulteriormente nell’operazione di camouflage. Il succiacapre, invece, passa le sue giornate sdraiato sul terreno, passando praticamente inosservato. Solo guardando da vicino può essere distinto da un pezzo di legno.

Tra rettili e insetti, poi, i trucchi si fanno notevolissimi. Il geco dalla coda piatta, ad esempio, ha il corpo appiattito, orlato da squame frastagliate che riesce a far aderire al tronco delle piante per confondersi. Contribuiscono all’operazione anche la caratteristica coda, estremamente appiattita, e il colore del dorso, variabilmente maculato a seconda del substrato su cui si trova l’animale. L’aspetto degli insetti stecco, invece, consente loro di mimetizzarsi con le foglie o con i rami, imitandone le superfici (omomorfismo) e cambiando colorazione (omocromia) grazie ai pigmenti che si dispongo su diversi livelli generando diverse tonalità. Stessa strategia utilizzata dagli insetti foglia, chiamati così proprio per il loro aspetto che rappresenta uno degli esempi più notevoli di camuffamento. La “Uropyia meticulodina” è, invece, una specie di farfalla, o meglio di falena, che vive in Cina e a Taiwan e mostra una particolarità veramente unica. Quando si mette in posizione di riposo e si mimetizza riesce ad acquisire una somiglianza estrema a una foglia secca, in tutte le sue particolarità.

Il mimetismo batesiano

Il mimetismo batesiano, invece, gioca sull’illusione. Accade quando un animale innocuo o appetibile assume i colori e o la forma di un animale pericoloso. Questa tipologia di mimetismo coinvolge due specie di cui una sola è pericolosa per i predatori (modello) e l’altra, simile alla prima (mimo) per forma e colorazione, è innocua. Per esempio, alcune specie di sirfidi che sono indifese assumono la stessa colorazione delle vespe proprio per evitare di essere attaccate.

Il mimetismo disruptivo

La terza tipologia di camuffamento animale è quella meno scontata. Prende il nome di mimetismo disruptivo e si basa, semplificando, sull’accostamento di forme e colori. Si verifica, infatti, quando il mantello dell’animale ha, al suo interno, colorazioni che interrompono la sua sagoma rendendolo meno visibile nell’ambiente in cui vive. Questo tipo di mimetismo impedisce a chi li osserva di vedere con precisione la forma e le dimensioni dell’animale mimetizzato ed eventualmente il numero di soggetti all’interno di un branco. Esempi di questa strategia sono ben rappresentati nella zebra, nel cervo pomellato e nella la tigre. Le loro sagome, infatti, vengono “interrotte”  grazie a strisce o macchie rendendo difficile la loro identificazione da parte di prede o predatori.

Le false credenze sui camaleonti

E i camaleonti? Tanti credono che siano in grado di cambiare colore per mimetizzarsi, ma in realtà a provocare i mutamenti di pigmentazione è l’umore di questi animali. Nella loro pelle, infatti, avvengono delle reazioni fisiche legate alle emozioni che provano, e sono queste che fanno mutare la livrea. Quando il camaleonte è rilassato, dei particolari cristalli, i “cristalli di guanina”, presenti nel suo strato sottocutaneo, restano attaccati gli uni agli altri, riflettendo così le onde di luce blu: così in considerazione della naturale pigmentazione gialla del rettile, danno il tipico colore verde. Se però l’animale è spaventato, eccitato, arrabbiato o impegnato in uno scontro, i cristalli si allontanano e viene modificata l’angolazione della luce riflessa, che è percepita, ai nostri occhi, con tonalità differenti.  

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