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I cigni di Elisabetta: perché in Inghilterra e Galles erano tutti suoi? 

Ci sono una storia secolare e curiosi rituali dietro la proprietà di questi uccelli acquatici. Una tradizione che vige ancora oggi: ogni esemplare che nuota in acque inglesi e gallesi appartiene alla Corona.

di Alessio Pagani

Non solo cani, corgi perlopiù, e cavalli da corsa. Tra i “sudditi” del regno animale della appena scomparsa regina Elisabetta II figuravano, infatti, i cigni. Tutti, ma proprio tutti, quelli delle acque di Inghilterra e Galles appartengono, infatti, alla monarchia. Su questi volatili acquatici sua maestà esercitava, fino alla scomparsa avvenuta giovedì 8 settembre, il diritto di proprietà – ora passato nelle mani del nuovo monarca, il figlio Carlo III – mentre per quanto riguarda i soli esemplari che vivono nel Tamigi, il possesso degli uccelli è condiviso con due ex corporazioni, la “Worshipful Company of Vintners” e la “Worshipful Company of Dyers”, in virtù di accordi che risalgono al XV secolo. La storia della proprietà reale dei cigni, però, è ancora più antica.

Inizia nella Londra dell’undicesimo secolo, periodo in cui i cigni erano apprezzati come cibo da servire in tavola ai banchetti della nobiltà. Ma anche il popolo ne era goloso. Così, per evitare di doverli dividere, la Corona stabilì che tutti i cigni delle acque di Inghilterra e Galles appartenessero alla monarchia: per appropriarsene occorreva il permesso del re. Un decreto del 1482 di Edoardo IV arrivò poi a precisare lo scopo di questa “proprietà”: evitare che i preziosi volatili finissero in mano a «vagabondi, delinquenti o persone di cattiva reputazione». Perciò, ogni estate, i cigni venivano contati e marchiati, solitamente con un segno sul becco. Oggigiorno non li mangia più nessuno ma l’abitudine di monitorarli e considerarli “diritto” reale è rimasta. Da qui il censimento annuale, compiuto a fini conservativi e affidato ai marchiatori reali.

Sotto la supervisione del capo marchiatore David Barber e dello “swan warden”, ovvero il guardiano dei cigni, il professor Christopher Perrin, ornitologo di Oxford, operano, ogni estate, una dozzina di marinai.  Disposti su piccole imbarcazioni a remi. Sono gli “swan upper”, gli ufficiali addetti al censimento dei cigni, e gli “swan marker”, cioè i marchiatori, deputati alle operazioni di inanellamento. I volatili, infatti, non vengono più marchiati come in passato: semplicemente, si pone un anellino su una delle zampe, la destra per quelli “conteggiati” dagli ufficiali di sua maestà, la sinistra per gli altri. L’anello è dotato di microchip, collegato al database del British Trust for Ornithology. Di fatto, lo scopo prioritario dell’operazione, oggi, è quello di monitorare lo stato di salute delle colonie di questi splendidi uccelli. Una “missione” che dura cinque giorni, normalmente la terza settimana di luglio. Perfettamente coordinata dall’incaricato reale.

Sul Tamigi, poi, durante il viaggio per risalire il fiume, i marchiatori dei cigni reali utilizzano ancora gli scafi a remi tradizionali. Così quando viene avvistato un gruppo di giovani uccelli, i marchiatori lo segnalano verbalmente e gli scafi si dirigono nella posizione indicata, li accerchiano e li sospingono a riva. Lì sono pesati, misurati e curati se necessario. E ci vuole molta esperienza visto che questi volatili acquatici possono diventare aggressivi, specie se percepiscono un pericolo per i loro piccoli. Dopodiché, una volta inanellati i cigni tornano liberi. E al termine della cerimonia davanti al castello di Windsor arriva l’immancabile omaggio alla corona. Fino allo scorso luglio, infatti, i rematori si sono alzati in piedi sulle loro imbarcazioni e hanno sollevato i remi per salutare «Sua Maestà la Regina, proprietaria dei cigni». La stessa chiusura di missione che hanno portato avati negli ultimi 70 anni. Del resto la prima e unica sovrana nella storia del Regno Unito che fino ad oggi ha preso parte direttamente alla cerimonia è stata proprio Elisabetta II, il 20 luglio del 2009. 

(Foto: www.vintnershall.co.uk)

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