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I cavalli del Delta hanno la loro Camargue  

Il governatore del Veneto, Luca Zaia, ha presentato un progetto per la salvaguardia di questi equini. «Tra un anno, vedremo raddoppiare la mandria».

di Alessio Pagani

È operativo, dopo il taglio del nastro effettuato direttamente dal presidente della regione Veneto Luca Zaia (nella foto), il nucleo di conservazione dei “Cavalli del Delta”, inserito nelle vecchie aree della gambericoltura di Vallevecchia, nella località marina veneta. Lì, nella zona di Caorle, si lavorerà per tutelare e implementare la mandria di equini, una delle quattro riconosciute in Veneto come risorsa genetica locale a limitata diffusione e considerata in pericolo di estinzione. «In quest’area di cinque ettari », ha commentato Zaia, «studieremo come migliorare e salvaguardare questa razza. Di fatto, è la nostra Camargue (area umida francese da tempo considerata una delle zone di elezione dei cavalli selvaggi, ndr), poiché dal punto di vista ambientale e naturalistico rappresenta l’habitat perfetto per custodire il nuovo nucleo di riproduzione. Ma l’obbiettivo non è solamente quello di veder aumentare il numero di esemplari diretti discendenti del cavallo della Camargue: ne sarà studiata la genetica, il comportamento e l’accoppiamento.

Le nove fattrici e lo stallone verranno monitorati giornalmente con lo scopo di far diventare questo sito un vero e proprio osservatorio in cui valutare, in modo scientifico, il grado di consanguineità tra soggetti della stessa razza». L’imperativo così è duplice: garantire sostegno scientifico a questi animali e offrire loro uno spazio speciale e su misura per le loro esigenze. «Abbiamo scelto un luogo unico, che arricchisce il nostro patrimonio ambientale e naturalistico e merita di essere conosciuto da tutti i veneti, specialmente dalle scolaresche», ha aggiunto il governatore del Veneto. «A differenza degli altri dieci allevamenti regionali, di piccole dimensioni e con solo un paio di questi esemplari, questo di Caorle ne ospita dieci e, grazie al nuovo progetto, nel giro di un anno o al massimo due il numero della mandria raddoppierà».   

(Foto d’apertura: Regione Veneto)

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