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Arpioni adesivi e droni per salvare le balene

Ocean Alliance, organizzazione statunitense deputata alla protezione dei cetacei, ricorre alla tecnologia per proteggere i giganti degli oceani.

di Alessio Pagani

Ocean Alliance, organizzazione statunitense deputata alla protezione dei cetacei, ricorre alla tecnologia per proteggere i giganti degli oceani.

Salvare la vita alle balene, permettendo ai ricercatori di studiarle e quindi tutelarle al meglio. Il tutto grazie a un arpione hi tech. Punta sulla tecnologia più avanzata, infatti, Ocean Alliance, organizzazione statunitense deputata alla protezione dei cetacei e del loro ambiente marino attraverso la ricerca e la divulgazione. Per farlo, però, servono dati, molti dati. E le balene non sono facili da studiare: bisogna saper cogliere l’attimo quando emergono in superficie, e spesso si tratta di pochi minuti. Diventa così difficile ottenere anche solo un piccolo campione di tessuto per le analisi. La risposta arriva dalla tecnologia che proprio Ocean Alliance ha messo punto. Il cuore del sistema è duplice: si basa, infatti, su un drone – in grado di restare in quota e attendere l’uscita dalle acque degli oceani di questi enormi mammiferi – e su uno speciale arpione. Un marcatore ad alta tecnologia, denominato “SnotBot” che si aggancia agli animali e ci rimane letteralmente incollato per circa 24 ore tramite un sistema di ventose. Il materiale raccolto dal tracker, “sparato” direttamente dal drone in volo sopra la balena, contiene informazioni biologiche come il Dna, i livelli di stress e di ormoni e altro ancora.

Grazie a queste rilevazioni, i ricercatori possono analizzare vari parametri che consentono di capire lo stato di salute dell’animale e individuare eventuali anomalie. Sono in grado anche di registrare e trasmettere dati riguardanti il comportamento degli esemplati analizzati e l’ambiente in cui si muovono: profondità a cui si immergono le megattere, velocità, orientamento, accelerazione o decelerazione, temperatura dell’acqua. Tutte informazioni fondamentali, ancor più se ottenute in maniera non invasiva. «Nei 25 anni in cui ho “etichettato” le balene», conferma David Wiley dello Stellwagen Bank National Marine Sanctuary, «abbiamo sempre sognato di poter contrassegnare gli animali dal cielo. Dal punto di vista della balena, questo è sicuramente un approccio migliore. Ma è una svolta per tutti: gli animali, le persone e la scienza».   

(Foto: Ocean Alliance)

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